Il Mito di Hermes

Hermes

IL MITO DI HERMES
Hermes  è uno degli dei più versatili, irrequieti e dinamici di tutta la mitologia greca.  Era il dio degli inventori, dei viaggiatori, delle strade, del commercio, degli inganni, dei ladri, dei bugiardi, dei bari.

Era inoltre guida delle anime dei morti, per la quale funzione veniva chiamato Psychopompos, ma, soprattutto, era il messaggero degli dei, che comunicava con il mondo degli umani e mediava per risolvere i conflitti. È rappresentato come un giovane bello e atletico, dalle grandi abilità oratorie e sempre scherzoso. Indossava un cappello con le  e sandali alati .

Per questo era in grado di spostarsi in fretta. Il suo culto era celebrato in Arcadia. In suo onore si ponevano erme nei crocicchi delle strade. La parola ermeneutica, o arte di interpretare significati nascosti, deriva proprio dal nome di questa divinità, che nella mitologia romana prendeva il nome di Mercurio.
Hermes era figlio di Zeus e di Maia, la più giovane delle Pleiadi. 

Era nato in una caverna del monte Cillene in Arcadia, donde il suo soprannome di Cillenio. Maia lo aveva concepito da Zeus, in piena notte, approfittando dei momenti un cui Era dormiva, e lo diede alla luce all’alba del quarto giorno del mese, giorno che restò consacrato ad Ermete.

Mercurio

Alla nascita fu avvolto in fasce e fu posto in un canestro a guisa di culla, ma, poiché il dio era particolarmente precoce, già prima di mezzogiorno fu in grado di slegarsi, uscire dalla caverna e di dare prova di furbizia, di destrezza e di abilità, che furono sue doti peculiari. Giunto nella Pieria, dove Apollo custodiva una magnifica mandria di vacche di Admeto, decise di rubare cinquanta giovenche. E, affinché Apollo non lo acciuffasse seguendo le tracce degli animali, attaccò un ramo alla coda di ciascun animale (secondo altri, li fornì di zoccoli) e ,tirandoli per la coda portò gli animali fino in una caverna a Pilo nel Peloponneso. Per nascondere le sue tracce, ebbe l’accortezza di legarsi alcuni arbusti ai piedi. Era stato visto da un testimone, un vecchio chiamato Batto, al quale promise una giovenca in cambio del silenzio. Sacrificò due capi agli dèi dell’Olimpo, bruciò le interiora e le teste per nascondere le prove del suo furto. Dopo aver messo al sicuro il resto della mandria, fece ritorno nella sua grotta del Cillene.

All’ingresso della grotta trovò una tartaruga, la uccise, le tolse il guscio e sulla cavità tese sette corde fabbricate con gli intestini dei due animali che aveva sacrificato, inventando così la prima lira. Apollo, il mattino dopo, si accorse del furto, ma il trucco di Hermes  funzionò a meraviglia, e, benché il dio cercasse dappertutto le sue bestie, i suoi sforzi non approdarono a nulla. Dietro suggerimento di Batto, che venne poi punito da Ermete, giunse sulle sue tracce e si stupì di trovarlo nella culla. Il bambino negò d’essere a conoscenza del furto e chiese, meravigliato, come potesse un lattante di appena un giorno rubare una mandria di mucche e come avesse potuto andare in Tessaglia non sapendo ancora camminare. Apollo, sforzandosi di non ridere nell’udire come quell’infante gli rifilava una bugia dietro l’altra, lo minacciò di grandi punizioni se non avesse ubbidito immediatamente. Hermes, senza scomporsi, presa la lira, si mise a suonarla ad Apollo.

Il dio ne restò incantato e chiese di averla in dono. Hermes propose uno scambio, chiese che Apollo in cambio della lira gli lasciasse sorvegliare il bestiame, e Apollo acconsentì. Un giorno, mentre le vacche pascolavano pigramente, Hermes tagliò una canna, ne fece uno zufolo di pastore e suonò un’altra melodia. Apollo, di nuovo deliziato, gli offrì, in cambio dello zufolo, il caduceo, una verga d’oro con due serpenti simmetricamente intrecciati e con due ali spiegate; quindi  lo nominò dio di tutti i mandriani e di tutti i pastori.  Apollo raccontò poi a Zeus l’accaduto, e il padre degli dèi invitò Hermes a rispettare la proprietà altrui e a non dire spudorate bugie, ma non potè trattenersi dal sorridere e dal riconoscere che il suo figliolo era un piccolo dio molto ingegnoso, eloquente e persuasivo.

Divenuto adulto, Ermete fu scelto come ministro di Zeus, il quale, perché potesse eseguire con rapidità i suoi ordini, gli regalò il petaso, un berretto alato,  e i talari, un paio di aurei calzari forniti di ali, che l’avrebbero portato dovunque con la rapidità del vento. Egli fu accolto con entusiasmo dalla famiglia degli dèi olimpi. Hermes  aiutò le Moire a comporre l’alfabeto, inventò l’astronomia, il gioco divinatorio degli astragali, la scala musicale, l’arte del pugilato e della ginnastica, la bilancia e le misure di capacità (invenzione che altri attribuiscono a Palamede) e la coltivazione dell’olivo.
Molte sono le imprese compiute da Ermete. Salvò Dioniso bambino dall’ira di Era, affidandolo al re d’Orcomeno Atamante, poi lo portò dalle ninfe sul monte Nisa in Elicona.

Per aiutare Zeus innamorato di Io, uccise Argo dai molti occhi, cosicché la fanciulla potè fuggire, e per quest’uccisione si guadagnò l’epiteto di Argifonte. Accompagnò Zeus nei suoi viaggi attraverso la terra visitando Licaone, Irieo, Filemone e Bauci. Organizzò la gara di bellezza tra Era, Atena e Afrodite, rimessa poi al giudizio di Paride. Consegnò a Perseo i sandali alati, affinché l’eroe potesse sconfiggere Medusa. Accompagnò Priamo all’accampamento di Achille a chiedere il corpo di Ettore. Aiutò anche Odisseo: una prima volta trasmettendo a Calipso l’ordine di Zeus di lasciar libero l’eroe e di aiutarlo a costruirsi una zattera per il viaggio di ritorno a Itaca; un’altra volta, recandosi da Circe e offrendole un bianco fiore profumato chiamato moli, per rendere inefficaci gli incantesimi della maga.
Ermete ebbe un gran numero di amori; tra le dee amò soprattutto Afrodite che gli generò Ermafrodito. Dapprima la dea rifiutò la sua corte, ma Zeus ebbe pietà di lui e mandò la sua aquila perché rubasse uno dei sandali d’oro della dea, che si stava bagnando nel fiume Acheloo. Hermes  si offrì di restituirle il sandalo in cambio dei suoi favori, e la dea accettò.

Dalla ninfa Enide, o da una figlia di Driope, o, secondo leggende post-omeriche, da Penelope (infedele a Odisseo) generò Pan, dio della natura e delle mandrie.

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