
l’Italia, come viene definita anche dagli organi economici europei, è una di quelle nazioni definite “ Too big to Fail “.
Perché?
Perché l’Italia, anche se a livello economico, da una decina di anni, non si trova in una situazione rigogliosa, possiede un comparto economico-produttivo fortissimo, e non è un caso che in virtù di ciò siamo la seconda potenza manifatturiera d’Europa (dietro la Germania) e la terza economia Europea più forte.
Tale forza, ha degli aspetti intrinsechi molto importanti: se fallisce l’Italia non crolla solo il nostro paese, ma tutta l’UE.
Non tanto per motivazioni prettamente “economiche”, ma più che altro per motivazioni inerenti a tutti quei legami produttivo-finanziari che legano le imprese italiane con quelle Tedesche, Francesi, Spagnole, Greche e così via.
Un esempio?
Se FCA dovesse fallire, fallirebbero a catena le industrie che forniscono alla società le tecnologie produttive necessarie per la creazione di autovetture (si, questo è un esempio non molto inerente, ma serve a fare capire il concetto).
Pensate adesso al “Sistema Italia”, inteso come sistema bancario ed economico:le quote del nostro Debito Pubblico sono possedute da Istituti Bancari(tra cui la stessa BCE), risparmiatori interni e risparmiatori esteri(tra cui Francia, Germania e così via).
Pensate per un attimo cosa accadrebbe se, di punto in bianco, il Governo Italiano dichiarasse l’impossibilità di ripagare il debito: verrebbero bruciate immobilizzazioni di denaro per miliardi e miliardi di euro, provocando fallimenti a catena non soltanto ai risparmiatori interni al paese, ma soprattutto agli istituti creditizi (interni ed esteri) ed agli investitori esteri, creando un effetto domino di proporzioni incommensurabili.
Se continuiamo con questa gestione economica e burocratica temo proprio che avremo molti problemi.
L’Italia ha bisogno di riforme, promosse da parte di qualcuno che conosca a fondo la situazione economica e i suoi meccanismi, ma che abbia nello stesso tempo qualche idea su come superarli guardando avanti.
L’Italia ha bisogno di crescere, di valorizzare la propria propulsività imprenditoriale, di alleggerire questo eccessivo peso statalista che permea la politica economica, di investire in ricerca, e di dare possibilità e futuro ai propri giovani.
Penso a un senso forte di comunità, alla consapevolezza della funzione sociale dell’impresa, ad una redistribuzione della ricchezza basata sulla diminuzione delle differenze retributive eccessivamente sperequate , al riconoscimento del lavoro e della cultura delle donne.
Penso ad una organizzazione del lavoro e dei suoi tempi, che tenga conto delle esigenze delle persone, con orari diminuiti per tutti, riconoscendo la funzione sociale ed economica del cosiddetto tempo libero.
Ritengo sia giusto ed equo, che la società dia ai pensionati condizioni di vita accettabili, o sotto forma di servizi realmente funzionanti, o sotto forma di indennità non troppo basse.
Bisogna però riconoscere che nelle imprese italiane non viene applicato un serio concetto di meritocrazia, che spinge molte persone soprattutto giovani a “rilassarsi”.
Non trovando più slancio nel settore privato come nel pubblico, pensanogiustamente perché impegnarsi ?
Dato che anche se mi impegno e do il massimo il mio impegno non viene riconosciuto?
Penso , infine, ad una cultura della famiglia, in cui l’affettività non sia la proiezione dell’adulto per i suoi bisogni affettivi, ma la preoccupazione per la serenità e la crescita equilibrata dei figli.
Solo così possiamo evitare un fallimento, che seppur non economico, è umano e sociale.
