De Ficchy Giovanni
La prima considerazione da fare è relativa al potere di acquisto in caduta libera da quasi 40 anni; siamo il solo paese Ue nel quale i salari sono diminuiti con aumenti contrattuali irrisori e inferiori al costo della vita.
Perchè i salari italiani sono in fase regressiva da lustri?
A mio modesto parere, i salari rispecchiano quella che è la competitività del Nostro Sistema Paese, si sà che con l’avvento del mercato globale, i lavoratori, come del resto le aziende sono in competizione planetaria.
La questione mi ha fatto pensare molto,nel Nostro paese viviamo ancora oggi la contrapposizione, enunciata dai sindacati italiani; tra “imprenditori sfruttatori” e “lavoratori sfruttati”.
Contrapposizione che alimenta discussioni, utili come le lotte tra i capponi di Renzo, sulla supposta “avidità” degli imprenditori o l’altrettanto supposto “lassismo” dei dipendenti,
Ossia i lavoratori italiani, devono per forza di cose confrontarsi con lavoratori, situati in altre aree geografiche, e per fare un esempio un impiegato costa ad una azienda globalmente :
un iracheno costa 300 dollari al mese full time;
un filippino costa 500 dollari al mese full time;
un indiano più skillato che coordina il lavoro, al costo di 2000 dollari al mese.
Parlo di costo azienda, non di stipendio netto che si calcola in base alle leggi locali che poco rilevano in questa sede.
Parlo di impiegati di concetto che parlano fluentemente le lingue, l’azienda per la quale lavorano, ha la possibilità di confrontarsi con un enorma mercato di lingua inglese, fornisce consulenza ad altre imprese,
In Italia , dove invece il mercato è molto più ristretto, poichè l’italiano lo parlano solo una sessantina di milioni di persone, molto più povero del mercato anglofono.
Un impiegato normale regolarmente assunto, infatti, costa ad un’azienda circa 3.000€ al mese: sei volte in più del filippino, per capirci.
E’ chiaro che l’azienda italiana, per poter accedere e competere con il resto del mondo, non può assumere lavoratori italiani, oppure deve fare un ampio ricorso all’automazione, cosa ormai in procinto di esplodere con l’AI.
Questi i fattori base dell’economia :
1. Produttività del lavoro;
2. Cuneo fiscale.
La produttività (del lavoro, del capitale o totale) misura la capacità di un’organizzazione di produrre valore in base alle risorse utilizzate e tra queste, oltre al lavoro ed al ‘capitale umano’ (organizzazione del lavoro e formazione dei dipendenti, ad esempio), c’è anche il ‘capitale tecnico’ (impianti, computer, automazione, etc…) e le spese operative (energia, materie prime, lavorazioni esterne, etc…)
Questo dato serve a misurare la capacità di un’impresa (o settore, o paese) di produrre valore in base alle risorse impiegate ci dice se questa impresa (o settore, o paese) è in grado di poter guadagnare e di crescere e, di conseguenza, di pagare meglio i dipendenti, ma anche di investire in tecnologia, nella formazione delle persone, input che migliorano ulteriormente la produttività.
Nel recente lustro 2014-2019 il tasso medio annuo di crescita della produttività del lavoro in Italia è stato appena dello 0,2%, contro una media UE dell’ 1,3%.
Tecnologia, Ricerca e Sviluppo, Talenti, Competenze.
Bisogna fare tre cose: la prima è investire, la seconda è investire e la terza invece è… investire.
L’Italiano medio, per via del “protezionismo” vive ancora in un mondo che gli permette di sbattersi molto meno e “tirare comunque a campare” .
In Italia le persone vengono fatte lavorare peggio e si investe in maniera molto limitata rispetto che negli altri paesi .
Quindi, quando sentirete qualcuno parlare di “avidità” di tutti gli imprenditori date loro una pedata nel deretano: c’è qualcuno che è molto più avido ed inefficiente, : lo Stato.
Il mondo , è qualcosa di molto più complicato di quello che sembra, dunque e allargare un pò di più il punto di osservazione, farà sicuramente bene .