Domenica della Solennità del Corpus Domini

Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore. Oggi 2 giugno festeggiamo la solennità del Corpus Domini, Gesù presente nel Suo Vero Corpo, Sangue, Anima e Divinità, sotto le specie eucaristiche, ci sembra di udire quasi fisicamente, ma soprattutto con la voce del cuore i suoi passi e il suo insegnamento alla folla: Il contadino premuroso usci di buon mattino a seminare, e mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo, ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine che crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta (Mt 13, 3-8).

Desidererei che, prendessimo coscienza viva della nostra missione di cristiani nel mondo, dove i lupi feroci sono sempre in aguato, e volgessimo lo sguardo alla Sacra Eucaristia, all’Increato che è, presente in mezzo a noi, ci ha costituiti Sue membra: Vos estis corpus Christi et membra de membro (1 Cor 12, 27), voi siete il corpo di Cristo e membra unite ad altre membra. Il nostro Dio ha deciso di rimanere nei tabernacoli di tutte le chiese del mondo per essere nostro alimento, per darci forza, per dare efficacia al nostro lavoro apostolico per l’Avvento del Regno di Dio. Gesù è Colui semina la buona novella a tutti nessuno escluso, è il Pane di vita eterna, ci cui non avremo mai fame.

Il miracolo si rinnova giorno dopo giorno nella Sacra Eucaristia, ed ha in sé tutte le caratteristiche proprie del comportamento di Gesù. Vero Dio e Vero Uomo, Signore del Cielo e della terra, Egli si dona a noi come nostro sostentamento nel modo più naturale e comune. Attende silenzioso il nostro amore da quasi duemila anni. È tanto tempo, ma allo stesso tempo è poco, perché quando c’è amore il tempo non esiste più, ma si trasforma in una dimensione senza fine, Eterna.

Mi torna in mente la leggenda di un monaco che, nella sua semplicità e umiltà, aveva supplicato la Vergine Maria di poter contemplare il Cielo, anche solo per un istante. Maria ne esaudì il desiderio e il buon monaco venne portato in Paradiso. Al suo ritorno, il monaco, preso dalla visione beatifica del paradiso non riconosceva più i suoi confratelli che dimoravano nel monastero. La sua permanenza e contemplazione, che aveva creduto di brevissimo tempo, invece, era durata tre secoli. Tre secoli sono un niente per un cuore profondamente innamorato.

Gesù è venuto sulla terra ed è rimasto in mezzo a noi istituendo nell’Ultima Cena il Sacramento dell’Eucaristia per amore nostro, e per insegnarci ad amare nella stessa misura di come Lui stesso ha amato. Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Gv 13, 1): sono le parole con cui l’evangelista Giovanni comincia a narrare gli avvenimenti di quella vigilia di Pasqua nella quale Gesù come ci riferisce san Paolo, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me» (1 Cor 11, 23-25).

La tradizionale della processione del Corpus Domini manifesta la presenza viva di Dio per le città e i villaggi. Ma questa presenza viva e vera, ripeto, non può essere cosa di un giorno soltanto, come un vociare confuso, udito e subito messo nel dimenticatoio. Il passaggio di Gesù tra la folla ansiosa di vederlo, di ascoltarlo, di toccarlo, di guarirci dai nostri mali fisici e spirituali, ci ricorda che dobbiamo scoprirlo anche nel nostro vissuto quotidiano. Alla processione solenne di questa domenica, ci si deve unire quella silenziosa e umile, ma con il privilegio di avere ricevuto dal Signore la fede e la missione divina di comportarsi in modo tale da rinnovare sulla terra il suo messaggio, di quell’Amore smisurato che solo lui può dare. Non siamo immuni da errori, da miserie, da peccati. Ma Dio è con gli uomini, perché ha dato la sua vita sulla Croce, e, da parte nostra dobbiamo far sì che si serva di noi perché il suo passaggio tra le creature sparse in ogni angolo della terra sia ininterrotto.

Dato A Roma nella Sede Patriarcale il 01 Giugno A. D. 2024

S. B. Salvatore Micalef – Patriarca

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