De Ficchy Giovanni

Proprio oggi l’orologio del tempo segna 56 anni dalla repressione della Primavera di Praga.
Quella che passò alla storia come la più grande opera di liberalizzazione messa in scena in un Paese dell’URSS, fu anche la causa della sua sofferenza.
20 agosto 1968

Le truppe sovietiche invadono cecoslovacchia finisce brutalmente la primavera di Praga.

Lo scenario era quello della Cecoslovacchia, uno Stato indipendente dell’allora URSS, che sorgeva nel territorio dove oggi si trovano Slovacchia e Repubblica Ceca.
Il 20 agosto 1968, 200mila soldati e 5mila carri armati del Patto di Varsavia sfilavano per le vie della capitale ceca, per porre fine alla Primavera di Praga.

 Nella notte tra il 20 e il 21 agosto le truppe di cinque Paesi del Patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia tra l’incredulità della gente che non riesce a considerare nemici i soldati e circonda i carri armati cercando di dialogare in russo con gli occupanti.

Anche Umberto Eco – testimone oculare – lo racconta sulle pagine dell’Espresso del primo settembre 1968.

Dubček chiede di non opporre resistenza, ma alla fine il bagno di sangue è inevitabile: 200 persone muiono negli scontri.

 L’invasione sovietica decreta la fine del ‘socialismo dal volto umano’, desiderato dal politico Alexander Dubček, sotto lo sferragliare dei cingoli dei carri armati a scapito del trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza tra Paesi comunisti. 

Di Admin

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