
Era solo un mercoledì come tanti altri, ma per il nuovo Segretario di Stato americano Marco Rubio quel giorno ha segnato l’inizio di un’era nella politica estera americana.
Con un programma che lui stesso definisce “all’avanguardia”, Rubio si stava preparando a lasciare il suo segno sulla diplomazia americana, concentrandosi su una visione pragmatica che promette di ridefinire le relazioni internazionali, in particolare in America Latina.
Nella sua prima apparizione dopo l’insediamento, Rubio ha chiarito il suo obiettivo: “Dobbiamo fermare le migrazioni di massa e mantenere sicuri i nostri confini”.

L’ombra del suo predecessore, Donald Trump, la cui amministrazione aveva fatto dell’immigrazione una questione centrale, incombeva nell’aria.
La promessa di deportazioni di massa ebbe un forte impatto, sebbene la realtà del rimpatrio dei migranti da paesi come Cuba, Nicaragua e Venezuela rimanesse incerta. Tuttavia la determinazione di Rubio era palpabile.
Lo stesso giorno, il nuovo capo della diplomazia statunitense ha parlato con i leader dell’opposizione venezuelana, María Corina Machado ed Edmundo González. In una conversazione piena di speranza, entrambi i leader hanno espresso l’urgenza di una transizione democratica nel loro Paese.
“La stabilità regionale e la sicurezza del nostro emisfero dipendono da questo”, hanno detto, mentre Rubio ascoltava attentamente, consapevole del peso che la situazione in Venezuela avrebbe avuto nella sua agenda.
Rubio, figlio di migranti cubani, si presenta come un diplomatico che cerca di prendere le distanze dalle divisioni politiche interne e di adottare un approccio più incentrato sulla cooperazione internazionale. “Tornare alle basi della diplomazia” è stato il suo mantra mentre delineava un Dipartimento di Stato che promette di essere “più innovativo, agile e concentrato”. Questa nuova direzione implica anche un disprezzo per le politiche ambientali che avevano caratterizzato il mandato di Joe Biden, rendendo chiaro che la priorità sarà “il predominio energetico americano”.
La giornata non si è limitata al continente americano
Rubio ha anche stabilito contatti con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Il sostegno a Israele, secondo il nuovo segretario, sarebbe una “priorità assoluta” per Trump.
In un contesto di tensioni con Hamas e Hezbollah, Rubio non ha lesinato elogi a Netanyahu, che ha ricevuto il sostegno di un fedele alleato. Lo sfondo di questa conversazione era una regione segnata da incertezza e violenza, dove la figura degli Stati Uniti era sempre stata un faro, anche se spesso controversa.
Con il passare del tempo, Rubio si trovò immerso in un mondo complesso e sfaccettato, in cui le ambizioni del suo Paese si scontravano con realtà spesso dure.
Le promesse di un ritorno a un approccio pragmatico e a una diplomazia focalizzata sugli interessi comuni sono state presentate come una sfida in uno scenario globale sempre più instabile.
Con l’avvicinarsi della fine della giornata, il senso del cambiamento era palpabile. Marco Rubio, con il suo stile e i suoi programmi in mente, si preparava a navigare nelle acque turbolente della politica internazionale.
La storia della sua amministrazione era appena iniziata, ma in quel mercoledì decisivo, l’eco delle sue parole prometteva di tracciare la rotta per gli Stati Uniti in un mondo in continua trasformazione.