
La premier italiana Giorgia Meloni e il presidente americano Donald Trump sono due leader che coltivano tra di loro un rapporto speciale, che si riflette inevitabilmente nelle relazioni politiche tra Italia e Stati Uniti.
Tra i capi di governo europei, il primo Ministro italiano è stato l’unico a essere presente alla cerimonia di inaugurazione di Trump al Campidoglio. Per giunta, l’Italia è l’unico grande Paese in Europa che, di fronte alle minacce del tycoon di porre dazi alle merci europee, predica dialogo e prudenza.
«Dobbiamo mostrarci disponibili a dialogare con Trump e dobbiamo evitare un’over-reaction, una reazione scomposta che sarebbe un errore». Così Meloni al Consiglio europeo di inizio febbraio per rispondere allo spauracchio dei dazi, in controtendenza con quanto sostenuto dai principali leader europei, Francia su tutti.
«Lui (Trump) fa così, è un negoziatore. Per questo dobbiamo dialogare con lui. Sarebbe sbagliato scegliere la strada del muro contro muro», ha infine aggiunto la premier italiana.
Bruxelles fa naturalmente fatica a far proprio questo discorso, ma è comunque consapevole di avere bisogno di un ponte verso gli Stati Uniti e tra tutti i leader europei vicini a Trump – l’ungherese Viktor Orbán su tutti – Giorgia Meloni è di gran lunga il candidato più indicato.
La premier, dal canto suo, guadagna un’importante leva nei confronti dell’Unione Europea in sede di discussione.
Tra tutti i capi di governo europei, essere considerato il “preferito” da parte di un presidente americano è sicuramente un asset invidiabile, su cui non deve però basarsi l’intera strategia dell’Italia in Europa.

In cosa consiste il rapporto Trump-Meloni
Considerata la volontà della nuova amministrazione americana di congelare le relazioni con le istituzioni dell’Unione Europea e privilegiare, al contrario, il dialogo con i singoli Stati membri, la strategia della Meloni è quella di porre l’Italia come il Paese mediatore tra gli Stati Uniti e l’Europa.
Più in generale, da questo ruolo privilegiato la premier spera di guadagnare margini di manovra in politica estera e un trattamento speciale da parte di Washington, come l’esenzione delle merci italiane dai dazi statunitensi nel caso in cui Trump decidesse di applicarli all’Europa.
A proposito, il mese scorso a una domanda diretta sulla questione posta da una giornalista Trump ha risposto: «Meloni mi piace molto, vediamo cosa succede!». Più di recente, però, pare che questa speranza per Roma stia naufragando vista la determinazione con la quale il tycoon porta avanti la minaccia dei dazi.
Infatti, come afferma l’ex direttore generale alla Commissione europea Riccardo Perissich su Affari Internazionali, «se si tratta di mediare con Trump, non basta essere “simpatici” e ideologicamente abbastanza affini.
Nell’universo trumpiano, l’Italia è purtroppo affetta da due gravi debolezze: il livello irrisorio delle spese militari e il secondo surplus commerciale europeo verso gli Stati Unti dopo la Germania».
Si tratta di due questioni su cui il tycoon non sembra disposto a fare sconti a nessuno.
Se Meloni non può allora fare leva sul suo rapporto privilegiato con il Presidente degli Stati Uniti su ogni dossier, sicuramente può sfruttarlo a dovere in altre occasioni.
Ad esempio, un episodio in cui la speciale relazione che intercorre tra Giorgia Meloni e Donald Trump (oltre che Elon Musk) si è già dimostrata utile ed efficace è stata durante la prigionia della giornalista Cecilia Sala in Iran.
In quel caso, la premier italiana si era impegnata in una visita lampo in Florida a Mar-a-Lago (la residenza di Trump) per parlare con il presidente eletto e chiedere l’apertura americana sulla liberazione dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini detenuto in Italia, precondizione per Teheran affinché la giornalista italiana venisse scarcerata.
Il caso Sala ha rappresentato un’indubbia vittoria politica per Meloni sul piano interno, l’altro campo sul quale la relazione con Trump può fruttare molto per la maggioranza di governo.
Oggi la premier ha infatti l’opportunità di far passare ai suoi elettori la narrazione per cui l’Italia, a differenza del passato, è considerata un attore serio e importante nell’arena internazionale, tanto da diventare il “vicario” di Washington in Europa.
Una narrazione che potrebbe però presto scontrarsi con il muro dei dazi, che secondo il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, colpirebbero in particolare la Germania e l’Italia, data la rilevanza dei loro scambi con gli Stati Uniti.
A proposito, secondo Teresa Coratella, vice capo dell’ufficio del Consiglio europeo per le relazioni estere a Roma, «Meloni dovrebbe tenere a mente che se le relazioni con gli Stati Uniti si deteriorano, e abbiamo visto che possono volerci anche solo 24 ore, l’Italia non sarà in grado di gestire la situazione da sola».
Per l’Italia l’appello è dunque quello di non puntare tutto sulla relazione speciale che intercorre tra Meloni e Trump, allontanandosi troppo dall’Unione Europea e dai leader dei singoli Paesi membri.
Roma dovrebbe piuttosto trovare un sano equilibrio tra le parti, specialmente vista l’inguaribile imprevedibilità del presidente americano.