L’Articolo conteso tra Russia, Usa e Cina

La contesa per l’Artico infatti è già iniziata.

Negli anni a venire, questa avrà un peso sempre maggiore nel definire la competizione tra grandi potenze.

Russia e Stati Uniti sono gli attori maggiormente in lotta per acquisire una posizione privilegiata in loco, ma anche la Cina coltiva i suoi interessi in quella che fino a pochi decenni fa era una delle regioni più inospitali del pianeta.

L’innalzamento delle temperature globali dovute all’azione del cambiamento climatico sta infatti causando lo scioglimento dei ghiacci nell’Artico, aprendo nuove rotte marittime prima inaccessibili e promettendo nuovi terreni d’investimento.

La prospettiva è quella di una rivoluzione nei traffici marittimi della stessa identica portata di quella sperimentata in passato con l’apertura del canale di Suez e di Panama.

I viaggi transatlantici diverrebbero infatti molto più rapidi, ma non solo.

L’Artico è anche una regione ricca di risorse naturali: presenta enormi giacimenti di petrolio e gas, oltre che di materie prime e di terre rare fondamentali per le nuove tecnologie e per la transizione energetica.

Diversi esperti stimano addirittura che i depositi energetici presenti nell’Artico costituiscano il 30% delle risorse di gas naturale e il 13% di quelle di petrolio non ancora scoperte ma tecnicamente recuperabili.

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Mappa dell’Artico, con il circolo polare artico in blu

Come si muovono gli Stati Uniti nell’Artico

Dati tutti questi motivi, la tendenza degli Stati a investire in loco è aumentata sensibilmente negli ultimi anni.

La Cina, ad esempio, tra il 2012 e il 2017 ha investito nella regione oltre 1.400 miliardi di dollari, principalmente nei settori energetico e minerario.

La “corsa all’Artico” interessa però maggiormente Russia e Stati Uniti, veri e propri Paesi artici.

Lo Stato americano dell’Alaska rientra infatti nel circolo polare artico.

Tuttavia, è Mosca a possedere la maggiore estensione territoriale del globo all’interno di questo parallelo.

La geografia pone quindi Washington in svantaggio rispetto a Mosca, per ora. Una condizione sfavorevole che gli Stati Uniti stanno però cercando di correggere, innanzitutto approfondendo la loro posizione in Groenlandia, una piattaforma naturale per proiettare potenza nell’Artico.

L’intenzione espressa da Donald Trump di inglobare il territorio di proprietà della corona danese all’interno dei confini degli States appare però lontana dal realizzarsi. Piuttosto, Washington punta per il momento a puntellare le posizioni già acquisite.

A proposito, il governo di Copenaghen ha già proposto agli Stati Uniti di incrementare la loro presenza militare in Groenlandia.

A oggi, l’avamposto principale sull’isola è la Pituffik space base, costruita nel 1943 e casa per circa 650 persone tra civili e militari.

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la Pituffik space base vista dall’alto

Washington agisce allo stesso modo anche in NorvegiaSvezia e Finlandia: altri Paesi artici dove gli Stati Uniti hanno (o avranno) accesso a svariate installazioni militari.

Sulla scia dell’interesse americano verso l’Artico, nei prossimi anni il numero di queste potrebbe salire fino a quindici.

C’è poi da considerare anche il ruolo della Nato – espressione dell’interesse americano – nella regione. L’Alleanza è tornata di recente a pattugliare l’area di Giuk, ovvero il punto di strozzatura disposto tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito, così da scoraggiare la presenza in loco da parte delle navi russe.

La proiezione americana nell’Artico resta tuttavia limitata dalla mancanza di mezzi adeguati. La Guardia costiera degli Stati Uniti dispone oggi di solo due rompighiaccio con un limitato raggio d’azione operativo dato che una risale agli anni 2000 e l’altra addirittura agli anni ’70.

Nel 2024 la flotta si sarebbe dovuta incrementare di tre unità come previsto dal programma Polar Security Cutter approvato nel 2010. Tuttavia, le evidenti difficoltà della cantieristica americana ne hanno già posposto il varo della prima alla fine del decennio.

La nuova strategia per l’Artico pubblicata lo scorso anno dal Pentagono è comunque significativa di quanto gli Stati Uniti stiano prendendo consapevolezza dell’importanza di questa regione per la loro sicurezza nazionale.

Le linee guida tratteggiate dal documento per permettere a Washington di incrementare le sue capacità di agire nell’Artico sono il miglioramento delle capacità artiche delle forze armate e il loro addestramento, insieme al coinvolgimento degli alleati al fine di rafforzare la deterrenza integrata.

Tuttavia, per gli States sarà difficile colmare il divario che tutt’oggi la separa dalla Russia, la potenza che ha nell’Artico un naturale bacino di influenza che coltiva da molto più tempo degli Stati Uniti.

Il vantaggio della Russia nell’Artico

«Al momento, l’equilibrio militare nell’Artico è fortemente sbilanciato verso la Russia», ha affermato Colin Wall, ricercatore associato presso il Center for Strategic and International Studies di Washington.

Per la Russia, l’Artico è una regione vitale. Una stima afferma che nei territori all’interno del circolo polare siano concentrati il 75% del petrolio e il 95% del gas russi.

Per giunta, prima dell’invasione dell’Ucraina più del 20% del Pil della Federazione derivava da attività in questa regione.

In vista dell’aumento della competizione con gli Stati Uniti e i suoi partner, Mosca prevede la costruzione o l’ampliamento di numerosi hub logistici a MurmanskArkhangelsk e Vladivostok e l’ampliamento della sua flotta di navi rompighiaccio, che oggi si attesta a circa 40 unità in servizio attivo.

La Russia programma anche la costruzione di una flottiglia di centrali nucleari galleggianti – quella di Akademik Lomonosov è il primo “esemplare” – per ancorarle nei porti russi lungo quella che sarà la futura via marittima settentrionale una volta che lo scioglimento dei ghiacci avrà aperto nuove rotte.

Le basi militari e quelle per la ricerca scientifica russe all’interno del circolo polare artico superano poi di circa un terzo quelle della Nato, secondo i dati raccolti dall’International Institute for Strategic Studies e da Reuters.

Visto questo stato di cose, nel 2022 quattro esperti dell’Artico affermavano che l’Occidente avrebbe impiegato almeno 10 anni per arrivare a un livello di parità con la Russia nella regione.

Una stima che forse non teneva conto di quella che oggi è la rinnovata attenzione degli Stati Uniti verso la regione.

Sicuramente, tra tutti i quadranti del globo dove la Federazione proietta i suoi interessi, l’Artico è uno dei pochi dove anche nel futuro prossimo Mosca conterà su un vantaggio netto sui propri rivali.

Di Admin

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