
De Ficchy Giovanni
La politica della Meloni è dei piccoli passi.
Al tempo stesso Giorgia Meloni non può galleggiare.
Non si puo’ fare altro avendo contro Quirinale, magistrati, opposizione, molta della stampa e non potendo contare su una reale coerenza di Forza Italia.
Servono tempo, molta calma, pazienza.
E soprattutto una buona strategia.
Altrimenti, in 48 ore, ci ritroviamo ancora un governo del Presidente con un tecnico sorretto dal Pd e dai centristi.
E ciao core.
Finalmente il giorno è arrivato.
Ieri Giorgia Meloni si è finalmente smarcata.
Seguiranno passi di riavvicinamento e di riposizionamento, la diplomazia impone attenzione in questa fase, è una danza.
Un passo avanti, uno indietro, ma il primo atto che si attendeva da due anni e mezzo è andato a verbale.
E con parole chiare: “Trump?
È il nostro primo alleato, è infantile chiedermi di scegliere tra lui e Ue”.
Ma nell’intervista concessa ai giornalisti del ‘Financial Times’ Giorgia è andata ben oltre:
“sono conservatrice, Donald Trump è un leader repubblicano.
Di sicuro sono più vicina a lui che a molti altri. PD Vance?
Io sono d’accordo sulle sue critiche alla classe dirigente Ue”.
L’Italia inizia a prendere le distanze dai guerrafondai.
Arrivati in dirittura finale con il Premierato forte, siamo in vista dell’ultimo tratto di collina.
Ora manca da spingere la riforma della giustizia senza andare in terza lettura, ma invece approvandola e mettendo Mattarella davanti al bivio se promulgare o meno.
Nel secondo caso si dovrebbero anche dare tante spiegazioni.
E la Meloni vuole e deve arrivare a fine legislatura.
A patto naturalmente di guidare una coalizione rispettata anche per la sua coerenza.