De Ficchy Giovanni

In un mio articolo di qualche giorno fa, mi ero chiesto se quello della Presidente Meloni non fosse il viaggio della “riconcilizaione” dei rapporti euro-americani.
Ebbene, a quanto pare, le prime impressioni sembrano confermate.
Al di là dei sorrisi di circostanza e delle strette di mano, l’incontro con Trump ha delineato un quadro di collaborazione strategica rafforzata.
Non si tratta solo di posizioni comuni sull’Ucraina, che ovviamente restano un pilastro fondamentale, ma anche di un nuovo approccio alle questioni economiche e commerciali.
Meloni ha saputo giocarsi la carta dell’affidabilità e della stabilità, elementi che, in un contesto internazionale così incerto, Washington sembra apprezzare particolarmente.
La scommessa di presentarsi come interlocutore serio e responsabile, pur mantenendo una linea politica chiara e definita, pare aver pagato.
Resta da vedere se questa ritrovata sintonia si tradurrà in benefici concreti per l’Italia, in termini di investimenti, cooperazione tecnologica e peso politico in Europa.
Ma, al momento, il segnale è incoraggiante.
Il viaggio negli Stati Uniti, più che un semplice atto formale, sembra aver gettato le basi per un nuovo capitolo nei rapporti tra Roma e Washington.
Un capitolo che, si spera, possa portare stabilità e prosperità per il nostro Paese.
Ora ho l’impressione che sia andata proprio così.
Meloni ha intelligentemente invertito la sua strategia diplomatica.
Non partire dai dazi per poi ridefinire i rapporti euro-atlantici, ma affrontare prima questi ultimi per risolvere le questioni in sospeso: dazi, pace in Ucraina, rapporti bilaterali, ruolo della NATO, ecc.
Credo che questo approccio sia efficace.
Quanto meno sono state poste le premesse per un summit USA-UE, summit di cui si sentiva grande e urgente bisogno.
Infatti, l’accumulo di tensioni transatlantiche, amplificate da divergenze su commercio, politica estera e gestione della sicurezza, gridava vendetta. Un’occasione mancata per riallineare strategie, appianare dissapori e definire un’agenda comune di fronte alle sfide globali incombenti.
La guerra in Ucraina, la competizione con la Cina, la crisi energetica, l’inflazione galoppante: tutti dossier che necessitavano di un coordinamento transatlantico forte e determinato, invece che di un’assenza colpevole.
Resta da capire se questo vuoto sarà presto colmato, o se assisteremo a un ulteriore deterioramento delle relazioni, con conseguenze imprevedibili per l’ordine internazionale.
È presto per valutare i risultati, non conoscendo i dettagli dei colloqui.
Tuttavia, a Meloni va riconosciuto il merito di aver indicato la giusta prospettiva per l’Italia e, implicitamente, per l’Europa.
Una prospettiva che, al di là delle critiche spesso strumentali, pone al centro la difesa dell’identità nazionale, la necessità di una crescita economica che non sacrifichi il tessuto sociale e produttivo italiano, e un approccio pragmatico alle sfide globali, dall’immigrazione alla politica energetica.
Che poi la realizzazione di questa prospettiva sia complessa e richieda compromessi, è indubbio.
Ma l’averla delineata con chiarezza, in un panorama politico spesso dominato dall’incertezza e dalla mancanza di visione, è un punto a suo favore.
Resta da vedere se saprà tradurla in azioni concrete e, soprattutto, se saprà farlo coinvolgendo e non dividendo il Paese.
L’unità nazionale, in fondo, è la precondizione essenziale per qualsiasi progetto di rilancio, sia esso italiano o europeo.”””
Comunque vadano le cose, la Presidente del Consiglio ha già colto un successo straordinario.
Si è vista ricosciuto il ruolo di “ponte” tra USA e UE, il ponte attraverso cui gli americanin e gli europei potranno riprendere il comune cammino, da qualche tempo smarrito.
Con buona pace di Macron…Un ruolo che rende essenziale la parte del nostro paese sulla scena politica internazionale.
Un ruolo che rende essenziale la parte del nostro paese sulla scena politica internazionale. E non parliamo solo di Mediterraneo, dove, piaccia o non piaccia a Parigi, abbiamo una tradizione secolare e interessi vitali.
Parliamo di energia, di rotte commerciali, di stabilità geopolitica in un’area, quella nordafricana, sempre più turbolenta e decisiva per gli equilibri europei.
L’Italia, con la sua posizione strategica, la sua capacità di dialogo (nonostante le mille contraddizioni interne), e la sua economia resiliente, ha le carte in regola per fare da ponte tra l’Europa e il Sud del mondo.
Un ponte che, però, va costruito con pragmatismo, lungimiranza e, soprattutto, con una visione chiara dei nostri interessi nazionali. Basta con le ingenuità, basta con le sudditanze psicologiche verso i “grandi” d’Europa.
È ora di giocare la nostra partita, con determinazione e consapevolezza.
E questo significa anche rivendicare un ruolo di leadership in quelle sedi, come la NATO e l’Unione Europea, dove si prendono decisioni che impattano direttamente sul nostro futuro.
Un futuro che non possiamo permetterci di farci dettare da altri.
E scusate se è poco!
Per una volta l’opposizione riconosca almeno questo merito alla Meloni, che a Washington ha splendidamente rappresentato non solo il governo italiano, ma l’intero paese.
Perfino un Trump insolitamente moderato e conciliante ha riconosciuto i meriti della sua ospite, elogiandola e dicendosi orgoglioso di accoglierla alla Casa Bianca.
Ecco, siamo anche noi italiani orgogliosi di chi ci ha così bene rappresentato di fronte all’uomo più potente del mondo.
Un’emozione indescrivibile vedere la nostra bandiera sventolare così in alto, il nostro ingegno riconosciuto e celebrato.
Che soddisfazione, ragazzi!
Questi sono i momenti che ci fanno sentire veramente uniti, parte di una grande famiglia.
Un applauso scrosciante a chi ha reso possibile tutto questo, portando il nome dell’Italia e del suo talento oltreoceano.
Forza Italia!