Anche l’Azerbaijan e l’Armenia stanno accusando la Russia di essere nazista.

Questo segna un punto di svolta nelle relazioni tra la Russia e queste due nazioni, tradizionalmente alleate di Mosca.

Le accuse, sebbene non nuove nel panorama geopolitico globale, assumono una particolare risonanza nel contesto del conflitto russo-ucraino, dove la retorica della “denazificazione” è stata utilizzata dal Cremlino per giustificare l’invasione.

La presa di distanza di Azerbaijan e Armenia, se confermata, potrebbe avere implicazioni significative per la stabilità regionale e l’influenza russa nel Caucaso meridionale.

Resta da vedere se queste accuse si tradurranno in un cambiamento concreto nelle politiche estere dei due paesi.

Ciò dopo la violenza etnica della polizia russa contro dei cittadini azeri, e contro le trasmissioni televisive russe che dileggiano i due paesi con toni aggressivi.

l governo azero ha espresso forte preoccupazione e ha chiesto spiegazioni ufficiali a Mosca, minacciando ritorsioni diplomatiche se la situazione non si risolve rapidamente.

La comunità internazionale osserva con attenzione, temendo un’escalation delle tensioni tra i due paesi.

I canali russi verranno chiusi.

Per decisione del governo azero.

La decisione è stata presa in seguito alle crescenti preoccupazioni per la disinformazione e la propaganda diffuse da questi canali.

Molti politici e giornalisti hanno espresso preoccupazione per il fatto che questi canali stiano diffondendo notizie false e distorte sulla guerra in Ucraina, e che stiano cercando di influenzare l’opinione pubblica italiana a favore della Russia.

Il governo azzero ha quindi deciso di chiudere questi canali per proteggere la propria democrazia e la propria sicurezza nazionale.

L’Azerbaijan si sta giustamente preparando ad evitare le solite interferenze russe, quando si tratta di opprimere i propri vicini. Ha infatti iniziato a limitare la diffusione della lingua russa, chiudendo molte scuole russe , con l’intento di togliere il russo dai programmi scolastici.

A me sembra evidente che ha il pieno appoggio e consenso da parte della Turchia, con la quale condivide origini etniche e linguistiche ed il cui Presidente, Recep Tayyip Erdoğan, non è uno che le manda a dire.

La decisione è stata accolta con favore da molti, ma ha anche sollevato alcune preoccupazioni sulla libertà di stampa.

Alcuni sostengono che la chiusura di questi canali sia una forma di censura, e che il governo non dovrebbe avere il potere di decidere quali informazioni possono essere diffuse.

Tuttavia, il governo azzero ha difeso la propria decisione, affermando che la disinformazione e la propaganda rappresentano una grave minaccia per la democrazia, e che è necessario prendere misure per proteggere la propria società.

Ricordiamoci che nelle trasmissioni del Cremlino, come se niente fosse, si fantastica di lanciare missili su mezza Europa.

E si minaccia di radere al suolo città.

Tutto questo mentre si nega cinicamente qualsiasi coinvolgimento nelle atrocità commesse in Ucraina.

E tutto questo accade nell’ignoranza completa di milioni di italiani creduloni, a cui Putin ha fatto credere di non essere lui il nazista, ma i propri vicini.

.E intanto l’Europa, divisa e titubante, si guarda l’ombelico, incapace di una reazione unitaria e ferma.

I governi si affannano in dichiarazioni di principio, mentre la macchina bellica russa macina vite e territori.

Le sanzioni, timide e tardive, sembrano più un palliativo che una cura.

E il gas continua ad arrivare, alimentando l’economia di chi ci sta distruggendo.

Un paradosso tragico, una spirale di complicità e di silenzi che rischia di inghiottire la nostra stessa civiltà.

Ma chi ha il coraggio di dirlo?

Chi ha il coraggio di guardare in faccia la realtà, senza infingimenti e senza ipocrisie?

Pochi, troppo pochi.

E così, nell’indifferenza generale, la storia si ripete, e gli errori del passato diventano il nostro presente.

Nel frattempo sta iniziando a traballare il potere di Mosca anche nella regione della Transinistria, contesa alla Moldavia.

Si fanno sempre più insistenti le voci di un possibile intervento ucraino per “liberare” la regione, anche se Kiev ufficialmente smentisce ogni coinvolgimento.

La situazione è resa ancora più complessa dalla presenza di truppe russe sul territorio, formalmente impegnate in una missione di peacekeeping, e dal sentimento filo-russo di una parte della popolazione locale.

Un’escalation nel Transnistria potrebbe aprire un nuovo fronte nel conflitto e destabilizzare ulteriormente l’intera regione.

.La presenza di truppe russe nella regione, seppur ufficialmente come forza di peacekeeping, rappresenta un elemento di forte preoccupazione.

Un’azione militare in Transnistria potrebbe essere interpretata come un attacco diretto alla sovranità moldava e, potenzialmente, coinvolgere la Romania, membro della NATO, in un conflitto più ampio.

La situazione è resa ancora più complessa dalla presenza di un vasto arsenale di armi e munizioni ereditato dall’era sovietica, la cui gestione e sicurezza sono motivo di costante allerta.

La comunità internazionale osserva con attenzione gli sviluppi, nella speranza di una soluzione diplomatica che prevenga un’ulteriore escalation e garantisca la stabilità nella regione.

Di Admin

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