Alejandro Castro Espin

NO AL CAMBIAMENTO FRODE: Alejandro Castro Espín e il riciclaggio del potere dittatoriale a Cuba

Mentre Cuba affoga in una delle peggiori crisi sociali, economiche e politiche della sua storia recente, dall’ombra del potere emerge una vecchia conoscenza: Alejandro Castro Espín. Figlio di Raúl Castro, colonnello del Ministero dell’Interno e architetto silenzioso di alcune delle operazioni più importanti (e oscure) del regime negli ultimi decenni, Alejandro è fuori dai riflettori pubblici dal 2018. La sua improvvisa riapparizione nelle discussioni politiche interne è un sintomo allarmante dell’intenzione del castrismo di perpetuarsi ancora una volta al potere, senza aprire alcun spazio alla democrazia.

Il presunto ritiro di Alejandro è stato solo una manovra. La sua figura, ancora oggi, rappresenta la continuità più pericolosa del castrismo: una versione più sofisticata, mimetizzata in discorsi di sicurezza nazionale, diplomazia strategica e “pace con le differenze”. Ma che nessuno si illuda: dietro la sua facciata di accademico e negoziatore si nasconde lo stesso apparato repressivo che ha messo a tacere gli oppositori, ha rimosso figure chiave come Carlos Lage e Felipe Pérez Roque e ha supervisionato i sistemi di sorveglianza e intelligence che soffocano la libertà dei cubani.

Non possiamo dimenticare che Alejandro è stato inviato di Raul Castro per negoziare segretamente con l’amministrazione Obama la normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti. Che è stato ricevuto con onore in Russia come rappresentante diretto della Commissione per la Difesa e la Sicurezza Nazionale. Che si è seduto davanti a alti ufficiali americani per negoziare prigionieri, accesso a informazioni e strategie di “coesistenza” senza cedere un millimetro in materia di diritti umani, libertà di stampa o apertura democratica. Era ed è ancora il cervello freddo, l’operatore affidabile di una dinastia che non ha mai lasciato andare il potere.

Mentre Miguel Díaz-Canel affonda nell’impopolarità, il malcontento nazionale cresce e i blackout sono quotidiani, gli strateghi del regime cercano la loro prossima mossa. E questa mossa potrebbe essere riportare Alejandro sul palco come “salvatore”, come il volto “nuovo” di una vecchia e corrotta dittatura. Ma il popolo cubano non vuole più volti riciclati, non vuole eredi di una macchina di oppressione. Non vuole altri cambi di facciata. Vuole la libertà.

Questo tentativo di rilanciare Castro Espín come possibile successore o persona forte del regime fa parte del “cambiamento frode”: una strategia usata da regimi autoritari per far credere al mondo e ai cubani che qualcosa sta cambiando, quando in realtà tutto rimane uguale o peggio.

Lo stesso dispositivo che ha dissanguato Cuba per sei decenni non può offrirci futuro. Non si tratta di volti, si tratta di strutture. Non si tratta di un Castro in più o di un Diaz-Canel in meno. Si tratta di porre fine finalmente al sistema che li sostiene: il Partito comunista unico, le elezioni fraudolente, la repressione, il controllo dell’economia e la persecuzione di coloro che la pensano diversamente.

Diciamo NO al cambiamento frode.
Diciamo NO ad Alejandro Castro Espín.
Diciamo SÌ alle libere elezioni, alla pluralità politica, alla libertà di espressione, alla ricostruzione di Cuba senza dittatori né eredi del potere.

Il tempo delle dinastie è finito. Il popolo cubano merita una vera democrazia, non una nuova marionetta del castrismo.

Di Admin

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