Maduro: Una Ficha Già Negoziata da Russia e Cina

Il regime di Nicolás Maduro sta attraversando un momento critico, precisamente nell’occaso della sua sopravvivenza politica. Negli anni passati, il chavismo si vantava di avere alleati di peso come Russia e Cina, presentandoli come scudi protettivi contro le pressioni di Washington e le sanzioni internazionali.

Tuttavia, la realtà geopolitica del 2025 dimostra che né Mosca né Pechino intendono continuare a sobbarcarsi un onere così costoso come quello rappresentato dal narco-stato venezuelano.

Il Ruolo di Russia e Cina

È fondamentale sottolineare che Russia e Cina non sono benefattori ideologici, ma piuttosto creditori pragmatici.

Entrambi i paesi hanno accumulato miliardi di dollari in prestiti concessi a Caracas, insieme a contratti di fornitura petrolifera che il regime ha sistematicamente violato.

Questo contesto finanziario ha reso evidente come l’interesse di Pechino e Mosca non sia tanto quello di sostenere un regime in crisi, quanto piuttosto quello di recuperare i propri investimenti in maniera sicura e proficua.

Per fare ciò, paradossalmente, questi paesi necessitano di una Venezuela prospera e libera, con istituzioni stabili in grado di garantire il rispetto dei propri impegni finanziari ed energetici.

La stabilità di un paese è dunque essenziale affinché i creditori possano sperare di ottenere il rimborso delle loro ingenti somme investite.

La Trasformazione di Maduro da Attivo a Ostacolo

In questo scenario, la figura di Maduro si trasforma da attivo a ostacolo.

La Russia, indebolita dalla guerra in Ucraina e in cerca di capitali, non ha margine per continuare a sostenere un partner fallimentare come il regime venezuelano.

Allo stesso modo, la Cina, focalizzata sulla protezione delle sue investimenti strategici in America Latina, non è disposta a compromettere la propria reputazione internazionale sostenendo un governo accusato di narcotraffico e violazioni dei diritti umani.

Visto che il Venezuela è distrutto dalla crisi economica, con che soldi il Paese gestisce il suo petrolio?

Negli ultimi anni, la maggior parte degli investimenti nel settore hanno avuto provenienza russa o cinese.

Entrambi i paesi hanno compreso che le loro possibilità di recuperare quanto dovuto aumentano notevolmente in una Venezuela che possa tornare a una crescita economica e normalizzazione delle relazioni internazionali.

Il Crollo della Narrazione del “Respaldo Incondizionale”

Questo contesto porta al crollo della narrativa del “respaldo incondizionale” da parte di Mosca e Pechino. L’idea che Maduro potesse contare sul sostegno incondizionato dei suoi alleati si è rivelata fallace.

In pratica, Maduro è stato “venduto” a Washington come parte di un accordo più ampio.

Né la Russia né la Cina metteranno a rischio i loro interessi globali per salvare un leader sempre più isolato, privo di legittimità e sotto crescente pressione interna ed esterna.

La lente con cui osservare questa dinamica è quella delle opportunità.

Le potenze mondiali tendono a favorire gli attori politici capaci di garantire la stabilità e il benessere economico, elementi necessari per il recupero delle proprie spese.

Le lunghe aspettative di ritorno sugli investimenti da parte di Russia e Cina stanno ora convergendo verso una crescente impazienza, vista l’evidente incapacità del regime di Maduro di riformarsi o di creare le condizioni necessarie per un rilancio economico.

Pechino e Mosca hanno offerto al governo di Caracas grandi pacchetti di crediti bancari, in cambio di quote dei profitti.

E’ piuttosto ovvio che gli investimenti russi e cinesi saranno sostituiti dal ritorno delle multinazionali che nel corso degli anni passati hanno abbandonato il Venezuela.

Secondo gli analisti di Washington fautori del regime change a Caracas, la Cina ha una strategia di penetrazione in Sud America che è pericolosa per gli equilibri globali, e che dunque dev’essere fermata.

Secondo l’altro punto di vista, gli Stati Uniti vogliono cambiare il governo del Venezuela per perseguire la propria strategia, sia disfacendosi del capo di stato dell’ultimo grande paese latinoamericano che non accetta la dottrina economica e politica occidentale, sia usando la vicenda di Maduro come un “esempio” di ciò che accade a chi, nel conflitto geopolitico appena scoppiato tra gli USA e la Cina, si avvicina troppo a Pechino.

Un Futuro Senza Maduro

La conclusione è ineluttabile: il tempo di Maduro è scaduto.

I suoi presunti padrini hanno già iniziato a scommettere su una Venezuela futura, un paese dove sarà possibile recuperare i debiti in modo sicuro.

E questa Venezuela non sarà sotto la dittatura, ma in uno stato di libertà e democrazia.

Lo scenario internazionale offre opportunità importanti per una transizione democratica in Venezuela, a patto che vi sia una volontà comune di garantire un futuro prospero e pacifico per il popolo venezuelano.

È auspicabile che dalle ceneri di un regime in declino possa emergere un nuovo modello politico, capace di attrarre investimenti e costruire istituzioni solide.

Riflessione Finale

Naturalmente, il fatto che il Venezuela sia il Paese del mondo con più riserve di petrolio è centrale nella questione – anche se non è l’unico elemento che spiega l’offensiva di Washington per sloggiare il presidente Nicolás Maduro.

Nell’analizzare la situazione attuale del Venezuela sotto il regime di Maduro, è cruciale mantenere uno sguardo critico e consapevole della complessità della geopolitica moderna.

La caduta di un regime autoritario come quello di Maduro non rappresenta solo un cambiamento di leadership, ma potrebbe essere un’opportunità storica di rinnovamento per il paese sudamericano.

Il supporto internazionale, se bene orientato, può svolgere un ruolo determinante nella ricostruzione delle istituzioni democratiche e nella promozione dei diritti umani.

Pertanto, il futuro di un Venezuela libero e democratico non dipende solamente dalla caduta di Maduro, ma anche dall’impegno della comunità internazionale nel sostenere un processo di transizione autentico e inclusivo.

La storia di Maduro potrebbe ben presto diventare una lezione su cosa succede quando la pragmatica geopolitica incontra la necessità e il desiderio di libertà da parte di un popolo oppresso.

Giovanni De Ficchy

Direttore editoriale di diverse testate , è un analista politico, specializzato in relazioni internazionali, politiche pubbliche, comunicazione politica e sistemi elettorali. 

Direttore del Centro Studi Strategici “Libertè Cherie APS“, ha recentemente pubblicato “L’ombra del dagone”, e “Groenlandia il sogno imperiale di Donald Trump”

Di Admin

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