L’Impero Romano non si costruì soltanto con le armi, ma soprattutto con l’arte della assimilazione culturale. Roma, più che sottomettere brutalmente i popoli conquistati, aveva l’abitudine di integrarli all’interno del proprio sistema, garantendo loro una cittadinanza progressiva e un ruolo nella vita politica, sociale ed economica dell’impero.
Uno degli strumenti principali di questa assimilazione fu la lingua latina. Attraverso il latino, i popoli entravano a far parte di una comune identità imperiale: era la lingua dell’amministrazione, del diritto, dell’esercito e in seguito della cultura scritta. Con il tempo, le lingue locali persero importanza o sopravvissero soltanto nelle tradizioni popolari, mentre il latino si impose come lingua universale di comunicazione e di potere. Questo processo avvenne in Gallia, in Spagna, in Africa settentrionale e in gran parte dei Balcani.
Tuttavia, un’eccezione fondamentale fu rappresentata dai Greci. La cultura ellenistica, che già prima di Roma dominava il Mediterraneo orientale, si mostrò impossibile da assimilare pienamente. I Romani riconobbero la superiorità intellettuale, filosofica e artistica del mondo greco, ma al tempo stesso lo percepirono come “altro” e distinto rispetto alla propria tradizione latina. La Grecia non si latinizzò mai del tutto: il greco rimase lingua viva e vitale, usata nelle scuole, nelle arti e perfino nelle province orientali dell’impero.
Questa tensione si riflette anche nella figura dell’imperatore Nerone. Egli manifestò un profondo amore per la cultura ellenistica: amava la musica, il teatro, la poesia, e giunse perfino a esibirsi come artista nelle gare greche. Proprio questo entusiasmo lo rese oggetto di disprezzo e sospetto da parte di molti Romani, che lo giudicavano inadatto alla gravitas tipica dell’imperatore. In un impero che si fondava sull’assimilazione e sulla centralità della lingua latina, il suo atteggiamento fu visto come una minaccia, una sorta di “tradimento culturale”.
In definitiva, la forza di Roma risiedette nella capacità di trasformare i popoli conquistati in Romani, facendo del latino il collante dell’impero. Ma di fronte alla Grecia, Roma dovette accettare un’eccezione: non fu la Grecia ad essere romanizzata, bensì Roma a lasciarsi affascinare – e talvolta destabilizzare – dalla potenza eterna della cultura ellenistica.