De Ficchy Giovanni

Le Sirene di Kharkiv: Un’Ironica Odissea nel Cuore della Tempesta
Le sirene risuonano ancora una volta nel cuore dell’Ucraina.
Un cielo grigio, perfetto per il cinema d’autore, copre la città di Kharkiv, mentre i residenti, in un miracolo di resilienza, scendono nei rifugi sotterranei come se stessero per assistere a un’opera teatrale.
Del resto, che ci sia un’esplosione in lontananza o meno, la loro routine è ormai tristemente normalizzata, come l’abitudine alle forme curvilinee delle etichette dei vini italiani.
E in questo paesaggio di rovine e resistenza, un nome risuona con un misto di paura, odio e sconcerto: Vladimir Putin.
È come se l’intero dramma fosse scritto da un regista insensato, ma qui non ci sono attori professionisti.
Solo persone comuni che cercano di sopravvivere a una commedia dell’assurdo chiamata guerra.
Da quando la Russia ha lanciato la sua invasione su vasta scala nel febbraio 2022, il presidente russo è diventato il volto inamovibile dell’offensiva, simbolo di potenza ferrea e calcolata freddezza.
Ma oltre l’uniforme e la retorica bellicosa, chi è veramente l’uomo dietro questa guerra? Un aspirante attore che, nel giro di un colpo di scena, è diventato protagonista di una tragedia greca?
Ken Dekleva, psichiatra con oltre 25 anni di esperienza ed ex funzionario del governo statunitense, si è immerso nel profilo psicologico di Putin, cercando di deciframene motivazioni, paure e ambizioni.
In una recente intervista al Kyiv Post, lo ha descritto come “estremamente spietato e intelligente”, nonché “tremendamente resiliente”.
Crescendo, ci si aspetterebbe di trovare qualcuno che possa cambiare idea o anche solo esprimere un parere.
Invece, eccolo lì: l’attore che non sbaglia mai le battute.
Non è un’esagerazione, affermare che Putin sia sopravvissuto a crolli del prezzo del petrolio, sanzioni internazionali e tentativi di rivolta all’interno del suo stesso apparato militare, come l’ammutinamento del Gruppo Wagner nel 2023.
Ogni volta che sembra alle strette, lui si riconfigura come un supereroe parodico, riemergendo vestito da guerriero invincibile. Come se la pressione, invece di logorarlo, non facesse altro che temprarlo ulteriormente.
Forse dovremmo considerarlo il “Rocco” della politica mondiale.
La resilienza descritta da Dekleva si riflette nel prolungamento del conflitto.
Quella che molti esperti consideravano una guerra lampo si è trasformata in un conflitto prolungato e brutale, con livelli di drammaticità che nemmeno Hollywood avrebbe osato immaginare.
La capacità di adattamento del Cremlino è stata in gran parte frutto del coraggio del suo leader.
Putin non si è lasciato sconfiggere da sconfitte militari o dall’isolamento internazionale.
Al contrario, sembra prosperare nella sfida, osservando ogni ostacolo non come una crisi ma come un’opportunità di consolidare il suo potere – un po’ come un uomo d’affari che scopre un nuovo mercato vergine.
Per gli ucraini, questa resilienza non è certo una virtù, ma una maledizione, e chi lo dice è una volontaria in un centro di soccorso a Dnipro.
“Putin non si fermerà”, afferma, come se avesse appena ascoltato la stessa canzone da troppo tempo.
“Non è un politico qualunque.
È uno scacchista a sangue freddo, e ogni sua mossa costa vite umane”.
Che dire?
Dostoevskij sarebbe orgoglioso di descrivere una tale discesa negli abissi dell’animo umano.
La freddezza di Putin si riflette anche nella sua strategia.
Attacchi alle infrastrutture energetiche in pieno inverno, il ricorso alla fame e alla paura come armi, discorsi carichi di revisionismo storico: tutti elementi attentamente calcolati per sottomettere un nemico che, a dispetto di tutto, non ha ceduto. Ma l’Ucraina, come il suo aggressore, ha dimostrato una tenace resilienza, una sorta di ironica gara per vedere chi può resistere più a lungo.
E almeno per ora, sta sfidando persino il potere di Mosca, un’impresa da Oscar.
Nel frattempo, il mondo osserva, come un pubblico di una pièce tragica che non può distogliere lo sguardo, mentre gli analisti cercano di prevedere il prossimo passo di un leader che gioca a lungo termine.
Secondo Dekleva, la sua psicologia è più pericolosa per la lucidità che per la follia.
“Putin non è pazzo”, avverte lo psichiatra.
“È convinto”.
Benvenuti nel meraviglioso mondo delle convinzioni incrollabili, dove il dialogo è un’opzione remota e la ragione semplicemente non esiste.
E forse questa è la minaccia più grande di tutte: un uomo così fermamente convinto delle sue idee da essere disposto a portare il mondo intero nel baratro pur di affermarle.
Perché, alla fine, chi ha bisogno di logica quando hai un piano così “brillante”?
Nel teatro dell’assurdo della geopolitica contemporanea, restiamo tutti in attesa, con il fiato sospeso, per vedere quale sarà il prossimo atto di questo dramma infinito.
In conclusione, mentre le sirene continuano a risuonare e i residenti di Kharkiv si rifugiano nel buio dei sotterranei, ci si chiede quale sia il vero significato di resilienza in un mondo dove la follia si nasconde dietro una facciata di razionalità.
E nell’eco delle esplosioni, diamo un ultimo sguardo a quel misterioso protagonista, Vladimir Putin, sapendo che, in un modo o nell’altro, non è ancora finita.
La rappresentazione continua, e noi, come sempre, siamo qui per assistere… con una tazza di popcorn in mano.