
Mentre i titoli di coda della commedia russa iniziano a scorrere, Putin continua il suo numero da cabaret al Cremlino: un comico in uniforme, un funambolo dell’indifferenza, che tenta disperatamente di far ridere un pubblico sempre più annoiato.
“Ah, ah, ah!” esclamano i suoi seguaci, mentre sul fronte la situazione è ben lontana dalla risata.
I russi, campioni indiscussi nell’arte di utilizzare strumenti poco ortodossi per la guerra, si ritrovano ora in una situazione tanto tragica quanto ridicola.
Il grande show di Putin, orchestrato con droni disarmati che sorvolano Polonia e Romania, non è altro che un tentativo maldestro di fomentare il caos, le divisioni e le polemiche tra gli Stati della NATO.
Un’ottima strategia da bar, se non fosse che il barista sta cercando di mescolare nettare divino con del vino rancido.
Ma chi è che ride alla fine?
Per ora, sembra che solo i russi, meditando sulla loro situazione, si facciano una bella risata amara.
Dopo aver lanciato queste provocazioni, eccolo lì, il nostro eroe in uniforme, pronto a esibirsi in uno spettacolo pomposo davanti alle telecamere: “Guardate, ho centinaia di migliaia di uomini!”, annuncia.
Peccato che la realtà sia ben diversa.
Invece di avanzare come armate invincibili, i soldati russi sembrano essere diventati dei motociclisti in perenne gita fuori porta, incapaci di affrontare nemici invisibili, custoditi da droni che danzano nel cielo.
La guerra, quella vera, non si combatte più con i carri armati; siamo entrati in una nuova era, dipinta con il pennello dell’innovazione: un’epoca in cui il rumore di una pala viene surclassato dallo stridio dell’elica di un drone.
L’Ucraina, in questo contesto, gioca le sue carte con una maestria che Putin non può neanche sognare, trasformando il campo di battaglia in un palcoscenico ad alta tecnologia.
Mentre il leader russo manicomiotto si sbizzarrisce in esercitazioni militari ai confini, le raffinerie di casa sua bruciano come fuochi d’artificio di Capodanno, sotto i colpi incessanti delle forze ucraine.
Non fraintendiamoci: non voglio dire che la guerra finirà domani.
Putin ha ancora un bel po’ di carne da mandare al macello, anche se questa carne sembra sempre più avara di talento e preparazione.
Per lui, ogni nuovo giorno è un’opportunità per buttare nella mischia nuovi disgraziati, armati di tutto punto… o quasi.
Un po’ come mandare i pugili sul ring con il ferro da stiro al posto dei guantoni.
Siamo giunti a un bivio.
Da un lato, un criminale di guerra dall’intelligenza discutibile, dall’altro, una comunità occidentale che deve prendere in mano la situazione.
È fondamentale lavorare per sfinire Putin, affinché non possa continuare a galloppare verso la guerra e l’armamento.
Dobbiamo assicurarci che non rimanga in circolazione, rischiando di diventare una minaccia concreta anche per noi.
Con il ritmo sbagliato, il comprimario potrebbe trasformarsi in protagonista di un incubo collettivo.
Nel grande teatro della geopolitica, ci troviamo tutti a recitare ruoli importanti.
E mentre i russi combattono con le pale – o con qualunque attrezzo visibile all’orizzonte – dobbiamo rimanere vigili, pronti a smascherare i trucchi di un comico finito in un copione pessimo.
Nella speranza che questo spettacolo di cattivo gusto chiuda presto i battenti e che il sipario cali su questa ridicolaggine disarmante.
