
Ah, la sanità pubblica.
Un concetto così seducente da sembrare un miraggio nel deserto delle nostre preoccupazioni quotidiane. Ci hanno venduto l’idea che questo sistema fosse una sorta di buffet a volontà, dove ogni piatto è servito con un bel sorriso e dove nessuno paga mai il conto.
Ma lasciate che vi sveli un po’ di magia: dietro a questo banchetto appariscente si cela una realtà ben più grigia e meno appetitosa.
Perché, miei cari, la verità è che non esistono pasti gratis, e probabilmente non ci sarà un dessert in cima al menu.
La sanità “pubblica”, quella favola che ci raccontano da sempre, non è altro che una tassa ben impacchettata, carica di promesse e priva di concretezza.
Quando ci avventuriamo in questo ristorante della vita, mentre gustiamo una cena che potrebbe persino sembrarci deliziosa, ci sussurriamo all’orecchio: “Non dimenticare di pagare, eh?”
Ogni euro messo nel calderone delle tasse è come una moneta nel jukebox della sanità.
E quale musica ascoltiamo?
Una sinfonia di lamenti sul fatto che i nullafacenti e gli immigrati clandestini godono di cure “gratis”.
Ah, la dolce melodia del rancore!
Immaginate un mondo dove i nullafacenti decidono, in un gesto di ribellione, di non approfittare dei nostri servizi sanitari.
Che paradiso!
Finalmente potremmo goderci un po’ di tranquillità a tavola, senza doverci alzare per fare offerte ai “curatori in pantofole”.

Invece, eccoli lì, i nostri ospiti indesiderati, che chiedono un bis della loro porzione di assistenza sanitaria, come se fosse un diritto inalienabile.
E che dire degli immigrati clandestini?
Secondo la narrativa prevalente, dovrebbero essere bloccati all’ingresso con un cartello luminoso che dice “Non avete pagato l’iscrizione, tornate indietro!”.
Ma no, sono molto più audaci di quanto ci aspettassimo.
Si presentano, sfacciati come pochi, e usufruiscono delle nostre risorse, riempiendo le sale d’attesa mentre noi, con il nostro senso di culpa, ci interroghiamo sulla moralità della situazione.
E intanto il sistema scricchiola, le maglie si allargano, e l’assistenza che dovrebbe essere un diritto si trasforma in un privilegio conteso.
Ci chiediamo se sia giusto, se non dovremmo forse chiudere le porte, alzare barricate ideologiche per proteggere il nostro piccolo orticello.
Ma poi, lo sguardo cade su un volto stanco, su una mano tesa in cerca di aiuto, e l’eco di antichi principi risuona dentro di noi.
E così, il ciclo continua, tra rabbia e compassione, tra egoismo e solidarietà, in un eterno dilemma che sembra non avere soluzione.
Certo, perché la società deve sempre mantenere il suo ruolo di benefattrice, giusto?
Soprattutto mentre ci affanniamo a far quadrare i conti alla fine del mese, sperando di non ritrovarci a dipendere da un solo piatto di pasta.
Quindi, la prossima volta che vi lamentate di dover pagare le vostre tasse per sostenere un sistema sanitario “pubblico” – che dovrebbe garantire salute a tutti – riflettete bene: state contribuendo a un grande festino di cui non solo siete i paganti, ma anche i commensali che si ritrovano a mangiare “la minestra” in un angolo, scottandosi con il brodo amaro delle disillusioni.
E non dimenticate di condire il tutto con un cucchiaio di sarcasmo, perché senza di esso, la vita sarebbe semplicemente insipida, come un piatto di broccoli lessi.
“Ma dai, cosa importa se gli altri mangiano più di noi?” – ci dicono.
“Possiamo sempre consolarci con questa incantevole verità: la società è bella perché è variegata.” Certo, certo.
Ma quando si parla di chi riceve cure e chi no, ci stiamo semplicemente immergendo in una questione fondamentale della nostra esistenza, quella di come condividere risorse in un sistema che ama autoproclamarsi “equilibrato e giusto”, dove, ironicamente, a pagare il conto finale sono sempre le stesse tasche.
E qui arriva la parte migliore: per i veri esperti della vita, non c’è niente di meglio di un valido sistema di piramide umana dove le spese sanitarie si distribuiscono tra i vari partecipanti, ognuno col proprio piatto di miserie e lamenti.
Quindi, fatevi avanti!
Rilassatevi e preparatevi a gustarvi il pasto, mentre lasciate che il sarcasmo scivoli giù come un buon vino rosso: tanto, alla fine, i pasticci che abbiamo in tavola sono solo illusioni servite con eleganza.
E mentre vi godete questa nausea sempre crescente, continuate a mangiare, pregando che un giorno ci venga offerta una vera alternativa.
Perché la verità, semplice e disarmante, è che non ci sono pasti gratis; ci sono solo illusioni, ben servite per noi e per tutti coloro che si accalcano al banchetto della sanità pubblica, mentre noi continuiamo a pregare che il prossimo piatto sia almeno un po’ più soddisfacente.
In effetti, chi ha mai detto che la vita fosse giusta?
Siamo tutti qui, in questo gigantesco ristorante, ad attendere un servizio che sembra sempre in ritardo.
E in attesa di quel momento magico in cui possiamo finalmente chiedere il conto – ma non senza prima aver degustato a pieno l’amaro sapore di una realtà in cui, per quanto possa sembrare generosa, alla fine ci lascia sempre con un fastidioso senso di vuoto e rassegnazione.
Ecco, momenti come questo chiariscono che le nostre tasse non sono altro che il biglietto d’ingresso a una festa in cui conosciamo solo i crudi sapori dell’amarezza.
Dunque, abbracciate il vostro sarcasmo come un amico fidato, perché, nella grande opera dell’esistenza, ciò che spesso ci viene messo nel piatto è solo un mix di illusioni e frustrazioni.
Dopotutto, non ci siamo forse abituati a mangiare a costo zero?
La frittata della sanità pubblica ci dice che dovremmo sentirci fortunati ad avere qualcosa nel piatto. Eppure, ignoriamo sempre l’unico fattore costante: chi si fa veramente carico della spesa?
Alla fine, non ci resta che continuare a servirci dai piatti che troviamo sul tavolo della nostra esistenza, sperando che qualcuno decida di rifornire il buffet con un po’ di sostanza, invece che con le solite fantasie che ci vengono propinate.
E mentre soppesiamo il valore di ogni cucchiaiata, non dimentichiamo mai che, in fondo, il pranzo è sempre a carico nostro.
Note a piè di pagina
” Non esistono Pasti gratis “è un principio cardine dell’economia e della filosofia politica liberale.
L’idea di un sistema assistenziale onnipresente genera effetti distorti che disincentivano la produttività individuale e distorcono il mercato del lavoro.
Tale corrente di economisti liberali vede Milton Friedman quale massimo esponente .
Uno dei punti più incisivi del suo lavoro è senz’altro la critica alla redistribuzione del reddito attraverso il welfare, considerato non solo inefficace, ma addirittura dannoso.
