
Ah, la sinistra italiana!
Quel meraviglioso collettivo di disfattisti, sempre pronti a brandire il loro cartello con la scritta “NO” come fosse un distintivo d’onore.
Chi l’avrebbe mai detto?
Sembra quasi che abbiano fatto del rifiuto una forma d’arte, un modo di vivere.
Eppure, in un’epoca in cui tutto cambia così rapidamente, loro sono fermi come statue di pietra, incapaci di guardare oltre la loro visione negativa del mondo.

Se c’è qualcosa che funziona, loro sono lì, pronti a metterci i bastoni fra le ruote.
Grande opere?
NO.
Ponte di Messina?
NO.
Sviluppo del Sud?
NO.
Posti di lavoro?
NO.
Progresso?
Ma certo che NO!
È incredibile come riescano a rendere il “no” il loro motto. È quasi un mantra: “No al cambiamento, no alla modernizzazione”.
Perché, si sa, se l’Italia cresce e si sviluppa, loro rischiano di diventare invisibili.
E non possiamo certo permettere che i disfattisti spariscano nel nulla, giusto?

E mentre il Paese cerca di avanzare, ci sono quei giornalisti delle testate che definire “marce” è un complimento.
Li riconosci subito: sono quelli che, ogni sera, da una poltrona comoda, si scagliano contro chi ha il coraggio di progettare e costruire.
Mi viene da pensare che La7, o come piace definirla a qualcuno, La Setta, abbia trovato il suo scopo: sfornare menzogne e veleno a tempo pieno.
Ogni parola è un colpo inferto al progresso.
Ma permettetemi di portare la vostra attenzione su una piccola riflessione personale.
Trent’anni fa, mi trovavo in Sud America, nei pressi di Lima.
E sapete cosa ho visto?
Un ponte lungo cinque chilometri.
Cinque chilometri!
Avete capito bene?
In Perù, trent’anni fa.
E noi, nel 2025, siamo ancora qui, intrappolati in dibattiti inutili con i sinistri da salotto, che si lamentano e affermano che “non si può fare” o che “è troppo costoso”.
Ma davvero?
È una vergogna nazionale!

L’Italia, un Paese con una storia gloriosa, culla di civiltà e di ingegneri geniali, costretta a rimanere in stallo perché un gruppo di politicanti nostalgici del comunismo si oppone all’idea di un Sud che si rialza.
Il Ponte di Messina non è solo un’infrastruttura, è un simbolo di unità, di crescita e di fiducia in se stessi.
Ma la sinistra non può sopportarlo.
Dove c’è progresso, loro vedono solo la fine della loro propaganda.
Dove c’è lavoro, perdono voti.
Dove c’è unità, diventano invisibili.
E così, continuano a gridare il loro “no” da dietro i monitor, certi che le loro voci possano fermare il progresso.
Ma indovinate un po’?

L’Italia va avanti, con o senza di loro.
Anzi, più loro si oppongono, più diventa evidente la necessità di andare avanti.
Sono sicuro che presto sarà la Storia a seppellirli, lasciandoli intrappolati nel loro stesso disfattismo.
Ma non possiamo ignorare un altro aspetto inquietante: dove governano le sinistre, è un susseguirsi di problematiche.
Solo invasioni di clandestini, popolazioni diverse e delinquenti di ogni sorta.
La miseria e la povertà regnano sovrane, eppure nessuno sembra accorgersene.
La sinistra, con il suo approccio demagogico e ideologico, appare incapace di affrontare la realtà.
Il risultato?
Un Paese in decadenza, mentre loro continuano a predicare un’utopia irraggiungibile.
In conclusione, la sinistra del “no” rappresenta non solo un ostacolo, ma un freno a mano che rallenta il progresso dell’Italia.
Quindi, continuiamo a costruire, a guardare avanti, e lasciamo che siano i disfattisti a restare indietro, mentre il nostro Paese marcia verso un futuro luminoso.
P.S.
Ricordiamoci che il vero problema non è solo il rifiuto della sinistra, ma la mancanza di una visione propositiva e costruttiva.
Senza di essa, rischiamo tutti di rimanere intrappolati nel pantano del passato, dimenticando che il futuro si costruisce insieme, con audacia e determinazione.
