Sulle guerre e i due pesi e due misure della sinistra pacifista

In un mondo dove le contraddizioni sembrano essere l’unico elemento stabile, l’arte del doppio standard è diventata una sorta di sport olimpico praticato da chi si definisce “sinistra pacifista”.

Se il conflitto è orchestrato sotto le bandiere di una democrazia e con un presidente dal sorriso rassicurante, va tutto bene.

Prendiamo, per esempio, il bombardamento della Serbia nel 1999, quando D’Alema era il premier e Mattarella il ministro della Difesa, entrambi fieri sostenitori di una guerra che veniva presentata come un atto di giustizia.

Ma chiariamoci, la giustizia ha sempre il suo prezzo.

Perché in fondo, quando le bombe cadono su Belgrado, sono solo “operazioni umanitarie”, vero?

Allo stesso modo, durante le avventure militari di Obama e Hillary Clinton in Libia e Siria, la sinistra ha trovato mille giustificazioni per calare il sipario su una delle pagine più buie della storia recente.

La narrazione è sempre la stessa: “La guerra è necessaria finché siamo noi a combatterla”.

Ma se ci pensiamo bene, tutto cambia, non è vero?

Se a fare la guerra è un democratico americano, improvvisamente gli imperativi morali si ammutoliscono. Al contrario, se a difendere l’Occidente è un governo patriottico, scatta il campanello d’allarme, e il termine “guerrafondaio” diventa l’insulto preferito di chi intende spegnere ogni forma di resistenza.

Passando all’immigrazione – un altro grande tema in cui i proclami si affollano come foglie in autunno – la sinistra si è sempre schierata dalla parte degli scafisti, mai a favore dei confini.

Ah, ma mentre si predica l’accoglienza e si mette in discussione il diritto alla sicurezza nazionale, si ignora il fatto che i confini, nel mondo reale, non sono solo linee tracciate sulla mappa, ma simboli di identità, cultura e appartenenza.

Eppure, a chi importa veramente?

Sui temi relativi al fondamentalismo islamico, il “ma” è diventato un mantra, quasi un riflesso condizionato.

Anche di fronte a tragedie come Charlie Hebdo, Bataclan, Nizza, e così via, la narrazione continua a riempirsi di attenuanti.

Evidentemente, c’è sempre spazio per capire e giustificare, anche quando la vita di innocenti viene spazzata via.

Questo genere di approccio, però, fa un po’ ridere, non credete?

E non dimentichiamoci delle follie woke e del gender, dove negare la biologia è diventato un dogma di Stato.

Confondere i ruoli di genere?

Un gioco da ragazzi!

Distruggere valori consolidati?

Perfetto!

Le forze dell’ordine, invece, diventano il capro espiatorio di ogni malefatta.

Ogni volta che agiscono per proteggere i cittadini, scatta la criminalizzazione.

Chi abbia deciso che il poliziotto è il nemico è un mistero paragonabile ai grandi enigmi della storia.

Un anno dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca, il panorama è chiaro: da una parte chi difende l’Occidente senza esitazioni.

Sì, quel Trump che combatte contro i narco-terroristi di Maduro, sostiene Israele, tiene in riga la Cina e si carica sulle spalle l’onere di restituire all’America il suo posto di leader mondiale.

Ma dall’altra parte abbiamo la vecchia Europa, e in particolare l’Italia, che continua a flirtare con regimi autoritari e a giustificare il terrorismo islamista.

Già, perché demolire confini e identità è la nuova moda in voga, e, come ben sappiamo, la moda è sempre più importante della sostanza.

Quindi, in definitiva, il quadro è piuttosto disarmante.

La sinistra pacifista, che si erge a paladina della giustizia e dell’inclusione, sembra preferire la retorica alle azioni concrete, ignorando le reali conseguenze delle proprie posizioni.

Mentre l’Occidente si dibatte in conflitti di ogni tipo, la vera domanda è: chi sta davvero combattendo per i valori che dicono di rappresentare?

La risposta, ahimè, potrebbe non piacerci.

In questo gioco di specchi, dove il buon senso è un concetto in via d’estinzione, rimane solo una triste considerazione: il pacifismo a corrente alternata continua ad alimentare le contraddizioni, mentre il mondo intorno a noi brucia.

Gli stessi che oggi brandiscono la bandiera della pace, domani potrebbero trovarsi dall’altra parte, compiendo atti che giustificherebbero con la stessa facilità con cui oggi assumono una posizione.

La coerenza, dopotutto, è merce rara.

Di Admin

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