Un’Analisi Sotto il Segno del Sarcasmo

Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a un fenomeno demografico che definire sorprendente è quasi un eufemismo.
La popolazione africana, che nel lontano 1923 costituiva solo il 9% di quella mondiale con circa 140 milioni di individui, oggi si avvicina a un miliardo e mezzo.
E non fermiamoci qui!
Le proiezioni indicano una crescita tale da farci pensare che, entro il 2050, il 25% della popolazione globale sarà africano, superando i due miliardi e mezzo.
Ma ci chiediamo: perché continuare a far crescere chi cresce, dimenticando chi decresce?
È come se stessimo facendo un esperimento sociale su scala globale, e il nostro laboratorio è l’Africa.
Invece di adottare misure concrete per controllare la natalità, come la distribuzione di preservativi e anticoncezionali – che, a voler essere onesti, sarebbe la cosa più logica da fare – abbiamo scelto di rimpinzarli di latte, proteine, carboidrati e tutti quei nutrienti che, in un contesto normale, dovrebbero aiutare a migliorare la qualità della vita.
Ma chi ha bisogno di un piano a lungo termine quando puoi semplicemente fornire un buffet illimitato di cibo e medicinali?
Non ci si rende conto che così facendo abbiamo aumentato esponenzialmente le nascite?
È quasi comico, se non fosse tragico.
Ah, il testosterone, quel miracolo della natura che, in combinazione con un pacco-dono di alimenti dall’Occidente, ha aumentato le nascite più di quanto potremmo mai immaginare!
Ciononostante, la fame non è mai diminuita.
Anzi, grazie a questo “carburante” distribuito ai maschi africani (perché, naturalmente, sono sempre loro a dover “siamo noi”), le bocche da saziarsi sono aumentate a dismisura.
Ma chi se ne frega!
Tanto, nella nostra visione occidentale, sembra che il problema sia solo circoscritto al semplice atto di dare.
Diamo cibo, diamo aiuti, diamo… e poi ci chiediamo perché non funziona.
Forse perché non facciamo altro che alimentare un ciclo viziato, come una madre che continua a comprare caramelle al suo bambino obeso, sperando che cambierà idea sulla sua dieta.
E mentre noi, in Europa, ci estinguiamo lentamente, quasi in un gioco di prestigio che nessuno ha voluto osare affrontare, ci ritroviamo a guardare questa esplosione demografica con un misto di stupore e impotenza.
Un secolo fa eravamo il 30% della popolazione mondiale; oggi, poco più del 10%.
Ottima strategia, vero?
Come se avessimo proclamato: “Vogliamo ridurre il numero degli europei e aumentare quello degli africani!”.
Bravi, continuiamo a riconoscere il merito al buonismo occidentale, che ha partorito una risposta illogica e insensata a un problema complesso e sfaccettato.
E non finisce qui!
Proprio mentre assistiamo a questa incredibile crescita della popolazione africana, i nostri rivali geopolitici, come Vladimir Putin e Xi Jinping, si fregano le mani.
Mentre noi ci preoccupiamo di come sostentare e nutrire questa massa di popolazione, loro si infilano nei sottofondi africani, risucchiando via risorse preziose come petrolio, rame, diamanti e tutte quelle rare “terre rare” che tanto ci piacciono.
Così, la salute dei nostri “beneficiari” diventa semplicemente una pedina in un gioco molto più grande, dove si gioca a chi smazza meglio le carte nel mercato globale delle risorse.
Quindi, a chi dobbiamo davvero dare la colpa per questa situazione surreale?

A noi stessi, ovviamente!
Abbiamo creato questo mostro demografico, e ora ci troviamo a dover affrontare le conseguenze delle nostre azioni.
Mentre cerchiamo di riempire le bocche affamate e risolvere la fame nel mondo, continuiamo a ignorare l’elefante nella stanza: stiamo contribuendo a un continuo aumento delle nascite senza risolvere le condizioni di vita precarie.
Serve invece un approccio concreto al nodo del debito africano, prodotto di anni di politiche economiche neocoloniali.
In conclusione, potremmo dire che questa è la nuova forma di colonialismo, un colonialismo che non ci piace riconoscere.
Dallo stupido buonismo occidentale siamo passati a un’epoca in cui gli aiuti umanitari diventano strumenti di sfruttamento.
E cos’è la risposta a tutto questo?
Continuare a distribuire cibo e medicine?
O, forse, iniziare a riflettere su un approccio più sostenibile?
Dopotutto, se gli africani saranno il 25% della popolazione mondiale entro il 2050, e noi europei ci estingueremo, chi rimarrà a prendersi cura dei problemi che noi stessi abbiamo contribuito a creare?
Ah, il futuro, quel fantastico campo di battaglia di ironie e contraddizioni, dove il sarcasmo non è solo una reazione ma una necessità per affrontare un mondo così radicalmente disfunzionale.
