Negli ultimi anni il dibattito sul futuro dei giovani si è concentrato quasi esclusivamente sull’università, come se la laurea rappresentasse l’unica via possibile per l’ingresso nel mondo del lavoro. Questa impostazione, oltre a essere irrealistica, produce perdite di tempo, frustrazione e titubanze in migliaia di studenti diplomati che non desiderano continuare a studiare ma vogliono lavorare subito, mettendo a frutto competenze già acquisite. È arrivato il momento di cambiare paradigma e rendere il diploma, soprattutto tecnico e professionale, un vero titolo di accesso diretto al lavoro qualificato. La proposta è semplice e al tempo stesso rivoluzionaria: gli studenti diplomati che si sono specializzati in un determinato indirizzo lavorativo devono poter essere assunti direttamente dalle aziende che ne abbiano necessità, previo accordo delle parti e con il coinvolgimento della scuola. Un patto chiaro tra studente, istituto e impresa consentirebbe di superare l’attuale limbo post-diploma fatto di stage gratuiti, attese indefinite e scelte rimandate per mancanza di alternative concrete. Il diploma diventerebbe così una certificazione di competenze reali e immediatamente spendibili, non un semplice passaggio intermedio verso altro. In questa logica, l’ultimo anno di scuola superiore potrebbe trasformarsi in un vero anno di transizione scuola-lavoro, con una suddivisione equilibrata tra formazione teorica e attività lavorativa retribuita in azienda. Lo studente si diplomerà avendo già maturato esperienza professionale documentata, contributi versati e competenze pratiche valutate anche in sede di esame finale. Questo ridurrebbe drasticamente l’incertezza successiva al diploma e renderebbe il passaggio al lavoro fluido e naturale. Un altro punto centrale è l’eliminazione degli stage non retribuiti per i diplomati. Chi ha concluso un percorso di studi professionalizzante non deve più “fare esperienza” gratuitamente, ma entrare nel mondo del lavoro con contratti veri, come l’apprendistato o il contratto di formazione-lavoro. L’esperienza non può essere una scusa per rimandare l’assunzione: il lavoro va riconosciuto e pagato. Per favorire l’incontro tra domanda e offerta, sarebbe utile istituire un albo nazionale delle competenze, in cui ogni diplomato possa certificare in modo chiaro ciò che sa fare: strumenti utilizzati, software conosciuti, ore di pratica svolte, competenze tecniche specifiche. Le aziende potrebbero così selezionare candidati sulla base delle abilità effettive, superando la rigida gerarchia dei titoli di studio. A sostegno di questo sistema, servono incentivi mirati alle aziende che assumono diplomati non laureati, li formano e li mantengono nel tempo, scoraggiando invece il turnover rapido e l’uso opportunistico della manodopera giovane. Allo stesso tempo, è fondamentale creare figure di raccordo tra scuola e impresa, come tutor aziendali certificati e docenti con reale esperienza lavorativa, per evitare lo scollamento tra ciò che si insegna e ciò che il mercato richiede. A questo quadro va aggiunta una proposta altrettanto incisiva che riguarda la Pubblica Amministrazione, oggi spesso paralizzata da carenze di organico e procedure di reclutamento lente. Nei casi in cui un posto risulti vacante e non coperto, dovrebbe essere prevista la possibilità di assunzione diretta di diplomati con competenze specifiche, senza concorso, attraverso graduatorie di competenze certificate e contratti trasparenti. Questo permetterebbe di ridurre i tempi di accesso al lavoro, garantire servizi più efficienti ai cittadini e valorizzare professionalità tecniche che la Pubblica Amministrazione fatica ad attrarre. C’è poi un aspetto spesso trascurato ma decisivo: offrire lavoro regolare, rapido e qualificato ai giovani significa sottrarre manodopera alla criminalità organizzata. L’assenza di opportunità concrete, soprattutto in alcuni territori, alimenta bacini di reclutamento illegale fondati su precarietà, inattività e frustrazione. Rendere il lavoro accessibile subito dopo il diploma significa rafforzare la legalità, prevenire il disagio sociale e colpire le organizzazioni criminali nel loro punto più vulnerabile, cioè la disponibilità di forza lavoro giovane e ricattabile. Infine, è necessario un cambiamento culturale profondo. Non tutti devono laurearsi e non tutti lo desiderano. Scegliere di lavorare dopo il diploma non è una scelta di serie B, ma una strada legittima, utile e spesso strategica. Anche per questo, deve essere sempre possibile tornare a studiare in futuro, con il riconoscimento dell’esperienza lavorativa maturata, senza penalizzazioni o stigmatizzazioni. Dare dignità al lavoro post-diploma significa offrire ai giovani certezze, tempi chiari e percorsi concreti, evitando esitazioni inutili e anni persi. Significa riconoscere che il valore di una persona non sta nel titolo che possiede, ma nelle competenze che sa mettere in campo, subito.
