Tra Turchia e Siria è una strage senza precedenti.

Il bilancio, dopo il devastante sisma dei giorni scorsi, riporta più di 45.000 morti ma il dato purtroppo è destinato ad aumentare.

Si continua a scavare senza sosta sotto le macerie, e vi sono anche alcuni superstiti che vengono miracolosamente tirati fuori vivi dalle macerie dopo oltre 180 ore dal terremoto.

In Siria in particolare, il numero delle vittime “continuerà a crescere man mano che avremo accesso” alle aree colpite, ha detto il responsabile regionale emergenze dell’Oms, Rick Brennan, citato da SkyNews, nel corso di una conferenza stampa a Damasco.

Ricordiamo che proprio quella zona, a livello sismico, è una delle più pericolose di tutto il Mediterraneo.

 

Si teme ora per un possibile “BIG ONE”.

Le scosse andranno avanti ancora per mesi.

“La situazione sismica in Turchia e in Siria continua ad essere critica.

La scossa di lunedì con magnitudo 7.5 sulla placca anatolica si è distribuita per circa cento chilometri nella direzione est-ovest e nella zona centrale ha mostrato, sia pure in un’area limitata, uno spostamento di dieci metri”,

Lo ha dichiarato Alessandro Amato, dirigente di ricerca all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), così come riportato dal Corriere della Sera.

La placca anatolica spinge su quella arabica, e si genera un accumulo di energia enorme

Nella zona turca si guarda con apprensione alla faglia a soli 20 chilometri da Istanbul lungo la quale sono già avvenuti nel tempo 12 terremoti e dove la gente vive in una condizione ad alto rischio aspettando un Big One ( quello grosso, un terremoto devastante) come in California.

«Del resto la placca anatolica si muove due centimetri all’anno rispetto alla placca arabica e le forze in gioco alimentano l’accumulo di energia — aggiunge —.

Si cerca di studiare l’andamento del fenomeno con i modelli teorici di trasferimento di stress, ma i risultati non aiutano a decifrare bene ciò che potrebbe accadere nel sottosuolo. Certo negli ultimi anni esaminando i dati storici e valutando con nuovi strumenti come i satelliti le deformazioni dei suoli abbiamo maggiore conoscenza.

Possiamo quindi migliorare la prevenzione mentre la previsione resta impossibile».

 

 

 

 

Di Admin

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