Autore Jack London
L’ho trovato quest’inverno durante una visita al mercatino dell’usato di un paesino vicino Perugia, sulla bancarella di libri usati a un euro l’uno.
la vicenda del cane Buck che viene rapito da alcuni cercatori d’oro senza scrupoli e portato nelle lande desolate dell’Alaska.
Questi cercatori del Klondike, nella regione dello Yukon nel Canada Occidentale, rinchiudono il povero cane in una gabbia costringendolo a un addestramento ad hoc a suon di colpi di bastone.
Racconta una grande storia d’amicizia che travalica i confini di appartenenza e si riflette in un ampio concetto di fratellanza.

Il Significato di questo libro è ;
La storia d’amicizia tra Buck e John richiama secoli e secoli di storia della letteratura mondiale.
La storia dei cani da ricerca, infatti, ha inizio circa ventimila anni fa, quando questi animali iniziarono ad essere addomesticati poiché l’uomo era interessato a sfruttare il loro incredibile fiuto e le loro doti di ricerca, fedeltà e resistenza, accompagnate alla forza fisica.
Tendiamo a credere che la vita che ci ritroviamo a vivere sia l’unica possibile.
È una convinzione così radicata da reputare folle anche il solo pensiero di allontanarsi da tale binario.
C’è poi chi mette tutto in discussione, andando alla ricerca del proprio posto nel mondo.
È quello che fa Buck, Il dramma della sua vita, un tempo placida e serena, lo costringe a mettersi alla prova, individuando il proprio percorso.
Segue l’istinto e vive avventure inimmaginabili, fino a trovare quel posto, il suo, conquistato a fatica e per questo molto più significativo di quello capitatogli per puro caso.

Questo passaggio , mi prende particolarmente, come se andasse direttamente nella parte più primordiale e primitiva della mia interiorità…
“C’è un’estasi che segna il culmine della vita, e oltre il quale la vita non può elevarsi.
E il paradosso dell’esistenza è che tale estasi giunge quando si è più vivi e consiste nella più completa dimenticanza dell’essere vivi.”
Questa estasi, questo dimenticarsi di vivere, viene all’artista fuori di sé colto da un velo di fiamma… e venne a Buck, che guidava il branco, emettendo il vecchio grido del lupo, cercando il cibo ancora vivo che fuggiva rapido davanti a lui attraverso il chiaro di luna.

Stava sondando le profondità della sua natura e delle parti della sua natura che erano più profonde di lui, tornando indietro nel grembo del tempo.
Era dominato dal puro impeto della vita, l’ondata di marea dell’essere, la gioia perfetta di ogni singolo muscolo, articolazione e tendine in quanto era tutto ciò che non era morte, che era ardente e dilagante, esprimendosi in movimento, volando esultante sotto le stelle..
Giovanni De Ficchy
