
Giovanni De Ficchy
C’è un pensiero conservatore, che fa dei concetti di Patria e Nazione le sue basi fondamentali, che nulla ha a che vedere con i rigurgiti del Fascismo.
Come nazione e patria così è “una società naturale la famiglia, che non a caso uno dei padri del Risorgimento come Mazzini ha definito la ‘patria del cuore’”.
Sono due concetti, divenuti finalmente centrali nel dibattito politico, in quello storico, filosofico, giuridico .
Sono i due elementi fondativi del pensiero conservatore, come due sono state le grandi rivolte moderne.
Le rivoluzioni dell’Ottocento sono due, la rivoluzione francese, sul piano politico, e quella industriale, sul piano economico e produttivo, ma con fondamentali ricadute sul piano sociale.
La cosiddetta rivoluzione industriale che modificherà in modo molto più marcato le forme e gli ambiti della produzione, i commerci, l’economia e, più in generale, la dimensione sociale.
Lo sviluppo economico viene percepito come progresso,
A queste idee, però, se ne affianca un’altra che potremmo definire conservatorismo e che aveva iniziato a manifestarsi nel Congresso di Vienna del 1815.
I conservatori avversano i progetti utopistici di società perfette e i mutamenti troppo radicali, credono nella libertà individuale e nel mercato, sono severi in tema di ordine e legalità e nutrono un particolare rispetto per la tradizione, la famiglia e la religione.
Ernest Renan ;
“Che cos’è una nazione” (1882), con cui R. si affermò fra i maggiori teorici ottocenteschi della nazionalità, identificata con il comune passato storico e intesa essenzialmente quale eredità politica e culturale.
Analizza tutti quegli elementi che stavano alla base del concetto di nazione : per fare una nazione, scriveva, non bastano né la lingua, né la religione, né la razza e neppure sono sufficienti una dinastia o interessi comuni, di tipo commerciale o militare.
“La nazione è un’anima, un principio spirituale.”
Due cose che, a dire il vero, fanno tutt’uno, costituendo questa anima, questo principio spirituale.
Come formazioni di lungo periodo, delle identità culturali come frutto esclusivo dell’accumulo di passato, della pluralità di forme giuridiche che può scaturire dal «plebiscito di tutti i giorni».
La visione trova origine in due elementi, uno nel passato e l’altro nel presente: il primo «è il comune possesso di una ricca eredità di ricordi», il secondo «è il consenso attuale, il desiderio di vivere insieme, la volontà di continuare a far valere l’eredità ricevuta indivisa».
La nazione cominciò quindi ad essere concepita come una realtà culturale e spirituale che caratterizzava un popolo, una volontà di unificazione nazionale la quale, come nel caso dell’Italia, poteva anche sovrapporsi alla volontà di liberarsi dalla dominazione straniera.
Si poneva da parte degli intellettuali conservatori, l’accento sul carattere trascendente e quasi sacrale dei legami di sangue, lingua, religione e cultura che davano sostanza all’identità di nazione.
Gli uomini sentono dentro se stessi che fanno parte di un unico popolo quando possiedono una comunanza di idee, di interessi, di affetti, di ricordi e di speranze.
Ecco che cosa “fa” una patria.
Ecco perché gli uomini vogliono camminare insieme, lavorare insieme, combattere insieme e morire gli uni per gli altri.
Scriveva Fustel de Coulanges, Numa-Denis