
Gideon Rachman, columnist del Quotidiano inglese, FT ragiona sugli scenari di un possibile per quanto difficile ritorno di Londra nell’Unione Europea.
Qualche giorno fa, scrivendo sul Financial Times, faceva un amara riflessione, che, per certi versi, potrebbe cogliere la fine di quel periodo di sbronza ideologia di tipo populista che ha condotto il paese al suicidio politico della Brexit.
Il Regno Unito, dopo anni di ambiguità post-Brexit, scrive il quotidiano della City, sembra aver raggiunto una nuova consapevolezza di sé come nazione.
Non più una superpotenza globale, ma un paese di dimensioni contenute che necessita di immigrazione, tasse elevate e alleati europei.
Una recente ricerca ha analizzato il fenomeno delle “illusioni di eccezionalità” che hanno caratterizzato il dibattito pubblico britannico, sottolineando come tale atteggiamento abbia condotto a decisioni politiche errate, tra cui l’uscita dall’Unione Europea.
Ora, tuttavia, si registra una crescente accettazione della realtà da parte della maggioranza dei cittadini britannici.
Nonostante la maggioranza dei britannici riconosca nei sondaggi che è stato un errore uscire dall’Unione Europea e affermi che ora voterebbe per restarci, a Londra l’opinione dominante è che per almeno una generazione la storica decisione non verrà rovesciata.
Per almeno due ragioni: non dividere di nuovo il Paese con una scelta lacerante ed evitare le difficoltà di negoziare con Bruxelles un rientro nell’Unione.
I Pub

Uno dei simboli dell’Inghilterra sembra avere i giorni contati.
Il pub, tradizionale ritrovo dove chiacchierare e bere birra, sta diventando una specie in via d’estinzione.
Ben 383 pub – più di due al giorno – hanno chiuso i battenti nei primi sei mesi dell’anno in Inghilterra e Galles, secondo i dati resi noti dall’Ufficio nazionale di Statistica.
Il trend sembra essere in fase di accelerazione: nell’intero 2022 le chiusure erano state 386, quasi le stesse dei primi sei mesi del 2023. Inoltre tra il gennaio e marzo di quest’anno 153 pub hanno cessato di esistere, numero che è aumentato a 230 tra aprile e giugno.
Alcuni sono stati demoliti, altri trasformati in abitazioni, altri ancora hanno cessato ogni attività e attendono il loro destino.