De Ficchy Giovanni

Secondo il primo, dettagliatissimo scenario sulla “prossima guerra” messo a punto dal Center for strategic and international studies, Taiwan, con il coinvolgimento immediato degli Stati Uniti e del Giappone, sarebbe salva.
Nel 2001 la Cina entra nel Wto, ed accetta quindi le regole fissate dall’occidente, per il commercio mondiale.
Da allora la Cina si converte nella fabbrica del mondo, infatti visto il costo molto basso della manodopera, tutte le più grandi le produzioni industriali e produttive in generale vengono delocalizzate in Cina.
La Cina specie nelle zone costiere, si arricchisce moltissimo, convertendosi nella maggiore potenza produttrice, e commerciale del pianeta.
Ma il dragone asiatico, resosi conto di essere oramai una delle due super potenze mondiali, non si accontenta dello status raggiunto, e vuole dettare lei al mondo quali devono essere regole economiche mondiali.
Agli inizi degli anni ottanta, e fino al decennio scorso, la Cina, era narrata come un paese comunista che si stava aprendo al capitalismo.
Negli ultimi anni invece la narrazione torna ad essere quel paese socialista, che nella sua retorica si presenta come una potenza non colonialista, che vuole aiutare i paesi “emergenti”, che venivano definiti prima ” del terzo mondo”.
Per questo motivo , Taiwan, una serie di piccole isole situate a cento sessata kilometri, e sostenuta economicamente e militarmente dagli Usa, a largo della Cina, rappresenta ideologicamente, una spina nel fianco.

“La questione taiwanese riguarda gli interessi fondamentali della Cina ed è una linea rossa che non può essere superata nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina”, ha ammonito Tan Kefei, che ha esortato Washington a fermare ogni “collusione militare” con Taiwan, che Pechino considera una provincia “ribelle” e che vorrebbe riunire alla madrepatria.
Austin ha affermato che gli Stati Uniti continueranno a sostenere i loro alleati, incluso Taiwan.
«Questo è particolarmente importante in quanto la Repubblica Popolare Cinese adotta un approccio più coercitivo e aggressivo alle sue rivendicazioni territoriali», ha dichiarato segretario alla Difesa americano.
La propaganda ideologica, che vorrebbe accreditare la Cina quale, padrona del mondo nel futuro, si ferma davanti a un piccolo stato di venticinque milioni di taiwanesi.
Sono tantissimi i piani di sbarco, di attacco a Taiwan, che vengono mostrati, nei mezzi di comunicazione cinesi.
Nello stretto di Taiwan, e nel Mar Cinese Meridionale, transitano le portaerei Statunitensi, ed anche le flotte occidentali battono quei mari.
Se entro i prossimi anni Pechino dovesse decidere d’invadere Taiwan, l’isola de facto indipendente e governata democraticamente che il Partito comunista cinese rivendica come parte del suo territorio, avrebbe a mio avviso poche speranze di vincere la guerra.
Lavorare sulla deterrenza e sulle alleanze internazionali, è quello che deve fare Taiwan.
E magari, sperare che a quella decisione, il Partito comunista cinese non ci arriverà mai.