Intervista al Prof. Tudor Petcu sul significato dell’ecumenismo

Il Professor Tudor Petcu è un esperto di teologia e storia delle religioni, noto per le sue approfondite analisi nel campo dell’ecumenismo. La sua vasta esperienza accademica e la sua prospettiva illuminante contribuiscono significativamente alla comprensione delle dinamiche interreligiose.

1) Qual è, secondo lei, il ruolo fondamentale dell’ecumenismo nel contesto delle relazioni interreligiose moderne?

L’ecumenismo è o dovrebbe essere principalmente un profondo movimento spirituale con l’obiettivo di restaurare l’unità dei cristiani, che dovrebbe diventare una realtà naturale per chiunque scelga di seguire Gesù Cristo.

Per quanto riguarda il ruolo che l’ecumenismo ha nel contesto del dialogo interreligioso, vanno menzionati diversi aspetti: la rappresentazione diretta dell’identità cristiana di fronte alle altre fedi religiose, la vocazione alla pace, l’apologia della normalità sociale e la radiografia oggettiva della globalizzazione .

Mi riferisco a tutte queste cose, poiché l’ecumenismo è allo stesso tempo una visione razionalista della geografia della diversità culturale e sociale e considerando che la religione cristiana è la più stratificata e divisa, almeno nell’orizzonte del monoteismo, l’ecumenismo diventa anche una sorta di medicina salvatrice per un cristianesimo che ha costantemente bisogno di ritrovare la propria identità perduta alla luce del dialogo con le differenze.

2) Come valuta l’efficacia degli sforzi ecumenici nel promuovere la comprensione reciproca tra le diverse tradizioni religiose?

So che l’ecumenismo è criticato da molti punti di vista, ma io, da parte mia, accolgo con favore l’esistenza di un tale movimento, soprattutto perché quest’ultimo ha poi ispirato anche il dialogo interreligioso.

Il Concilio Vaticano II, soprattutto in seguito alla visita di Papa Paolo VI in India dove scoprì l’Induismo, ha reso la Chiesa cattolica consapevole che non poteva più vivere nella sfera dell’indifferenza isolazionista e ha acquisito lungo il cammino la vocazione ecumenica di cui aveva tanto bisogno molto, compiendo anche passi verso l’integrazione nel dialogo interreligioso.

Pensiamo ad esempio a Papa Giovanni Paolo II che comprese così bene l’imperativo del dialogo ecumenico in base al quale sviluppò anche un prolifico dialogo interreligioso e alcune prove sarebbero le seguenti: la preghiera comune per la pace a cui partecipò nel 1986, lo speciale l’attenzione rivolta all’Islam o la visita compiuta a Gerusalemme, più precisamente al Muro del Pianto, nell’anno giubilare del 2000.

L’ecumenismo può ispirare il dialogo interreligioso, ma solo nella misura in cui vi è una presunta consapevolezza dell’unità dei cristiani.

3) Quali sono le sfide principali che l’ecumenismo deve affrontare nel contesto socio-culturale attuale?

Evidentemente, l’ecumenismo deve affrontare molte sfide contemporanee, ma le principali sarebbero l’ateismo e il relativismo.

E proprio perché ci troviamo di fronte a queste realtà preoccupanti, soprattutto con un processo permanente di relativizzazione dei valori, è più che mai necessaria una seria stretta di mano tra i rappresentanti delle comunità cristiane per trovare soluzioni.

So che ci sono tante differenze dottrinali tra un riformato e un ortodosso, ma credo che il denominatore comune di tutto sia la preservazione dell’igiene morale della società, pertanto l’ecumenismo potrebbe svilupparsi in modo coerente basandosi sulla reciproca compenetrazione tra le confessioni cristiane nel mondo luce dei valori morali.

4) In che modo la sua ricerca ha influenzato il dialogo interreligioso e l’approccio delle comunità religiose verso la cooperazione?

Non posso dire che la mia ricerca abbia influenzato in alcun modo il dialogo ecumenico o interreligioso, ma ho fatto tutto il possibile per uscire dalla torre d’avorio e prendere parte a vari incontri di comunicazione ecumenica.

Tuttavia, devo ricordare che il dialogo ecumenico può essere realizzato in diversi modi: intellettuale, spirituale, morale e soprattutto dal punto di vista dell’etica applicata.

Attualmente sono innumerevoli i corsi di teologia ecumenica nelle più prestigiose facoltà teologiche del mondo, così come innumerevoli sono gli incontri ecumenici organizzati a livello accademico per studiare i testi apocrifi o le opere dei grandi pensatori cristiani, come avviene all’Istituto di Teologia ortodossa San Serge di Parigi.

5) Come vede il futuro dell’ecumenismo e quali sviluppi ritiene siano cruciali per promuovere una maggiore unità tra le diverse fedi?

A questa domanda sceglierò di rispondere in modo molto semplice: l’ecumenismo potrà diventare in futuro il miracolo del rinnovamento cristiano solo se avrà l’intuizione di evitare ideologie di qualsiasi tipo.

Altrimenti si tratterà solo di una diplomazia ecclesiastica i cui effetti non contribuiranno all’avvicinamento tra i cristiani, ma piuttosto alla loro divisione, perché nulla è più importante della creazione concreta di un Weltethos comune, come diceva Hans Küng.

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