Su diplomi, documenti autoprodotti, carte, cartelle, cartine di nomine, investiture e conferimenti, viene spesso richiamato sotto diverse forme un tribunale arbitrale, che è fatto immaginare come un organo guridico in grado di confermare e decidere sulla nobiltà di una persona, la sua pretendenza a un trono, la sua capacità di distribuire titoli e onorificenze.

Questa istituzione, fumosa, fomogena, nebbiosa, si perde in suggestioni internazionali, fra numeri di protocolli, in inserti di gazzette ufficiali e sottufficiali, e ancora credo che ci sia qualcuno che si lascia impressionare dalle relative intestazioni e sottoscrizioni.
L’arbitrato, invece, è semplicemente un atto giuridico che trova le sue origini nel diritto commerciale; in particolare quando si deve giudicare sulla qualità, misura, tempi di consegna di merci di cui non esista una più particolareggiata indicazione.

Due parti che non trovano un accordo possono dunque rimettersi al parere di un esperto che giudichi in merito; e il cui giudizio rimane esclusivamente nell’ambito delle parti, senza che il fatto abbia alcun rilievo per i terzi.

Chiamato a svolgere la funzione arbitrale può essere qualsiasi persona, senza che debba essere un magistrato o un laureato; ma semplicemente un esperto, per esempio, di orzo o di formaggi, e quindi anche il commesso del supermercato.
Dal campo del commercio l’arbitrato è stato esteso dalle mparti privaste ad altri settori; non ultimo quello dell’araldica e della nobiltà.

In questo caso, un preteso principe , in accordo con un amico, delegherà un arbitro che decida se gli spetti il titolo di principe, quello di duca, quello di pretendente e via dicendo.

A parte il fatto che in Italia i titoli nobiliari non sono riconosciuti, l’esperto (che può essere uno fra i tanti pensionati che spuntano dalle letture casalinghe di Candida Gonzaga), può decidere quello che vuole, solo fra le parti che lo hanno designasto e che dicono di avere dubbi sulla veridicità del titolo vantato, e senza che per i terzi o per la legge le sue decisioni (come confermare un titolo di principe di Costantinopoli) possano valere più delle ricette culinarie.
Ovviamente, le designazioni di gran corti di giustizia, corti di giustizia nobiliare e piacevolezze del genere, sono soltanto decorazioni sulla carta ideate da privati, senza alcuna funzione e senza nessuna ufficialità.
Come facevano qualche anno fa quelli che parlavano dei “più grandi esperti del mondo” in campo cavalleresco e nobiliare.

Autonominati, s’intende.

Di Admin

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