Redazione

Incastonata tra il mare arabico e il Golfo del Bengala, l’India è crocevia delle ricche rotte commerciali che transitano tra Asia ed Europa.

La sua strategica posizione geografica, unita a una demografia esplosiva, sarebbero di per sé sufficienti a farne una talassocrazia compiuta.

Eppure, solo recentemente l’India ha iniziato ad adeguare la propria componente militare navale, per portarla a un livello degno del suo posizionamento nello scacchiere Indo-Pacifico. 

Complice l’annosa minaccia derivante dalla sua nemesi esistenziale pakistana, le forze armate indiane hanno concentrato gli investimenti sulle componenti aeree e terrestri, lasciando, fino a pochi anni fa, poco spazio all’elemento navale.

Il cambio di paradigma, derivante dalla crescente assertività cinese nell’Indo-Pacifico, ha però convinto Delhi ad allocare una parte sempre più sostanziosa del suo budget militare nell’arma blu.

Pechino: la minaccia

L’annosa competizione tra Nuova Delhi e Pechino è più volte deflagrata in dissidi finanche letali: i due Paesi condividono un confine terrestre di oltre 3mila chilometri e dagli anni Sessanta vige uno stato di tensione perenne legato alla sovranità su parte della ricca regione del Kashmir.

Nel 1962, uno scontro armato tra le forze armate indiane e cinesi, vide la conquista da parte di queste ultime della porzione orientale della succitata regione, l’Aksai Chin.

Nel 2020, in piena tempesta pandemica, si riaccendeva la contesa sino-indiana, con un breve conflitto all’arma bianca tra i due contendenti svoltosi tra il Ladakh (sito a est dello Stato di Jammu e Kashmir) e il Sikkim (Stato himalaiano afferente a New Dehli). Ancora nel 2022 ulteriori scaramucce di confine si registravano nello Stato dell’Arunachal Pradesh, nell’Estremo Oriente indiano.

Un soldato indiano durante un esercitazione in ambiente montano

La natura degli scontri sin qui elencati porterebbe a pensare che la minaccia sinica si materializza per Delhi soprattutto nella sua componente terrestre.

Vero a metà: l’orografia montagnosa dei confini sino-indiani disincentiva la possibilità di grandi battaglie campali tra i due.

Le mire cinesi su Taiwan e sul dominio del Mar Cinese Meridionale dischiudono per Delhi la minaccia di un’estroflessione cinese nell’Oceano Indiano.

La Marina dell’Epl (Esercito Popolare di Liberazione cinese) ha visto un robusto aumento delle numeriche negli ultimi anni che l’hanno portata ad essere la forza armata navale più grande al mondo in termini quantitativi.

La strategia marittima di Pechino è suffragata dalle manovre di accerchiamento che la Repubblica Popolare sta portando avanti tra mare e terra nei confronti dell’India.

Dal Nepal allo Sri Lanka, dal Pakistan al Myanmar, gli investimenti infrastrutturali che la Cina sta portando avanti, soprattutto in ambito portuale, ne sono plastica manifestazione.

Il porto di Gwadar nel Belucistan pakistano è sotto il controllo della Cophc (acronimo di China Overseas Port Holdin Company).

La Cina intende farne un hub di primario valore per aggirare i molteplici Choke-Point che oggi ne limitano l’azione marittima, come quello di Malacca, dominati dalla Us Navy.

Proprio grazie alla sua posizione geografica, l’India oggi è l’ultimo bastione che può impedire la penetrazione marittima di Pechino verso occidente: le formazioni insulari delle Andamane e Nicobare, afferenti a Delhi, posizionate nell’omonimo mare al termine dello Stretto di Malacca, formano una naturale catena contenitiva anticinese.

Le frizioni sino-indiane non sono certo passate inosservate a Washington, che nel 2017 ha coinvolto Delhi nel Dialogo quadrilaterale di sicurezza o Quad.

In condominio con Giappone e Australia, l’alleanza è volta al contenimento dell’espansionismo di Pechino nell’Indo-Pacifico, anche se, in osservanza alla sua storica ambiguità strategica, l’India non vede il Quad come il preludio ad un’alleanza militare vera e propria.

Per il gigante indiano il quadrilatero è più uno strumento geoeconomico valevole per agganciare i mercati del sud-est asiatico e stringere legami più solidi con gli Stati Uniti.

La Marina Indiana tra presente e futuro

L’ambiguità strategica dell’India non deve fuorviare circa la percezione che Delhi ha della minaccia cinese.

Un pericolo reale tanto sulle creste montuose dell’Himalaya quanto sui flutti dell’Indo-Pacifico.

La necessità per lo sviluppo di una componente navale autoctona coincide con la fine della Guerra Fredda e la seguente promulgazione della Look East Policy da parte del Primo Ministro Narasimha Rao nel 1991.

Il termine della contesa bipolare dischiude nuove opportunità di manovra, prima cristallizzate dalla competizione tra le due superpotenze.

Così Delhi si pone l’obiettivo di espandere la propria influenza economica sui mercati asiatici in forte crescita.

Parimenti inizia a sviluppare una serie di relazioni di carattere militare con nazioni preoccupate dalla crescente assertività cinese.

Alla fine del millennio Delhi manifesta la propria intenzione di portare la marina militare a livello delle controparti operanti nell’Indo-Pacifico, dapprima commissionando alla Mazagon Dock Shipbuilders Limited la prima serie di fregate Stealth interamente prodotte in India.

Nel 2003 viene varata la capoclasse Ins Shivalikche entrerà in servizio nel 2010 e alla quale faranno seguito altre due fregate, tutte interamente prodotte autonomamente.

Il rapido espansionismo cinese che ha guidato i primi anni del nuovo millennio ha reso chiaro che la posizione geografica dell’India da sola non era più valevole a proiettare sufficiente potenza, almeno non oltre i propri mari rivieraschi.

Per presentarsi come una talassocrazia (o almeno come potenza regionale credibile) un Paese non può affrancarsi dal possedere una propria componente aeronavale imbarcata.

Così nel 2004 decide di commissionare la prima Portaerei interamente costruita e progettata in India, la Ins Vikrant.

La Ins Vikrant, prima portaerei indigena della marina militare indiana

Tuttavia, per velocizzare l’acquisizione di questa capacità, sempre nello stesso anno Delhi si procura a “costo zero” dalla Russia la sua prima Portaerei, la Ins Vikramaditya, classe Kiev, di produzione sovietica, che entrerà in servizio solo nel 2014 dopo un estensivo restyling.

Parte dell’accordo con Mosca prevede infatti la cessione del vascello in cambio di una commessa sui lavori di ammodernamento e l’acquisizione di caccia imbarcati Mig-29K di produzione russa.

Il crescente espansionismo marittimo cinese dimostrato verso la fine degli anni Dieci (chiari esempi ne sono l’apertura della base militare a Gibuti e il varo della seconda portaerei del Dragone nel 2019, la Shandong, interamente costruita in Cina), manifesta la necessità per Delhi di accelerare nel suo progetto di aviazione imbarcata.

Nel 2022 entra finalmente in servizio la Vikrant, la quale però, a differenza della Vikramaditya, non imbarcherà aerei di produzione russa.

La scelta questa volta propende per i francesi Rafale M.

L’acquisto viene annunciato alla parata del 14 luglio 2023 a Parigi, dove il Primo Ministro Narendra Modi è ospite d’onore del Presidente francese Macron.

L’obiettivo a medio termine dell’India è quello di possedere almeno tre portaerei, di cui due deputate alla difesa e proiezione di potenza dalle due sponde del Paese e una terza in funzione di riserva attiva.

La cooperazione con la Francia in ambito militare non si ferma alla sola componente aerea.

Con la transalpina Naval Group l’India nel 2017 ha siglato un accordo per la costruzione (sempre il tramite della Mazagon Dock Shipbuilders Limited) di sei sottomarini d’attacco a propulsione diesel-elettrica, classe Kalvari, derivanti dal modello francese Scorpène.

La fabbricazione dei natanti in patria, in osservanza alla dottrina Make in India, ha visto la consegna del sesto sottomarino alla marina indiana nel 2023. Il progetto dovrebbe poi essere esteso ad ulteriori tre vascelli della stessa classe.

Questi sottomarini d’attacco conferiscono all’India una capacità di interdizione marittima, che unita alla sua conformazione geografica, controbilancia la disparità di forze in campo con gli assetti navali cinesi.

La cooperazione in campo militare con la Francia è quello che può definirsi un win-win agreement: grazie a esso Delhi non solo differenzia i suoi mercati di approvvigionamento bellico rispetto agli Stati Uniti e alla Russia, ma acquisisce fondamentali competenze in ambito ingegneristico e di Know-how, per l’emancipazione in campo militare industriale.

Per contro Parigi sfrutta il rapporto con l’India per sostanziare la sua autonomia strategica nell’Indo-Pacifico.

È nella sua componente sottomarina che Delhi vede la propria punta di diamante: i classe Arihant a propulsione nucleare sono il fiore all’occhiello della cantieristica indiana.

Questi sottomarini strategici imbarcano missili Slbm (acronimo di Submarine -launched ballistic missile) con testate atomiche e garantiscono all’India ampie capacità di deterrenza oltre alla cosiddetta “capacità del secondo colpo”.

Ins Arihant, il primo sottomarino a propulsione nucleare della marina indiana

In base a tale principio se il Paese venisse colpito da un attacco atomico e impossibilitato a lanciare un contrattacco per il tramite delle sue componenti aeree e terrestri, grazie ai sottomarini strategici, protetti dal silenzio degli abissi, potrebbe comunque replicare efficacemente.

Le portaerei e i sottomarini prodotti in India sono chiara testimonianza dell’accresciuta rilevanza della componente navale, funzionale a rispondere efficacemente alle minacce provenienti dalla Cina (e non solo).

La cantieristica indiana ha fatto passi da gigante negli ultimi due decenni e i progetti per l’ampliamento della marina prevedono un’espansione della flotta che porterà la stessa a contare oltre 170 assetti entro il 2035

Oltre 60 navi sono attualmente in costruzione, di cui la maggior parte presso cantieri navali indiani, a testimonianza della necessità di trasformare il Paese in una talassocrazia.

Tuttavia, il divario con le altre marine rimane ancora sensibile, soprattutto con quella cinese. Anche le capacità cantieristiche di Delhi, per quanto in crescita, sono ancora agli inizi.

A dimostrarlo, la lunga serie di ritardi che ha piagato la costruzione della Vikrant.

La marina dell’Epl (Esercito Popolare di Liberazione) è la più estesa del mondo e vanta assetti di prim’ordine come la portaerei Fujian, di prossima entrata in servizio e che annovera diverse feature avveniristiche come le catapulte elettromagnetiche.

È anche per questo che Delhi ha deciso di potenziare le proprie basi aeree sulle isole Andamane e Nicobare, situate all’uscita del choke-point di Malacca, per farne a tutti gli effetti delle portaerei inaffondabili e ridurre il gap con Pechino.              

Di Admin

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