De Ficchy Giovanni

Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra”,

Con questa frase il Il presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel, ha cercato di stigmatizzare l’atmosfera della riunione dei capi di Stato e di governo che si apre oggi, con un suo editoriale, che è stato ripreso da molti quotidiani europei.

Nelle scorse settimane, il presidente francese Macron ha dichiarato di non escludere la possibilità dell’invio di militari francesi sul territorio ucraino, senza chiarire se intendesse riferirsi a consiglieri militari e specialisti nella gestione e manutenzione degli equipaggiamenti che la Nato ha fornito all’Ucraina, piuttosto che a vere e proprie truppe combattenti.

Le sue parole hanno provocato numerose e vivaci reazioni. I rappresentanti di alcune nazioni della Nato hanno escluso del tutto questa possibilità, altri si sono dichiarati possibilisti, qualcuno ha affermato di auspicare una svolta in tale senso.

In tale contesto, c’è anche chi (la Polonia) ha fatto notare che personale militare della Nato è già presente in Ucraina, per fornire assistenza e addestramento.

Ma, a parte il personale che fornisce assistenza per la gestione dei sistemi d’arma forniti dai paesi occidentali, c’è davvero la possibilità che la Nato (o alcuni dei suoi paesi membri, di propria iniziativa) possa inviare forze armate a combattere in prima linea contro l’esercito russo?

Sul punto, tutti ribadiscono di non volere una guerra Nato – Russia… e allora, come si fa a pensare di inviare forze combattenti in Ucraina e nello stesso tempo a pensare che questo non provocherebbe necessariamente uno scontro armato con i russi?

Provo a esprimere una mia considerazione personale.

L’unica ragione per cui potrebbe crearsi una situazione di intervento di paesi appartenenti alla Nato(che probabilmente agirebbero autonomamente rispetto alla struttura di comando della Nato) potrebbe essere quella di uno sfondamento, non contenibile, delle forze armate russe che potrebbe portare alla necessità di garantire una zona cuscinetto che impedisca ai russi di arrivare a “contatto” con la Polonia, la Romania, la Slovenia, l’Ungheria e la Moldavia.

Oppure, sempre in caso di sfondamento russo, alcuni paesi potrebbero decidere di impedire che le truppe russe conquistino anche Kiev e altre aree dell’Ucraina nord-occidentale.

Nella prima ipotesi, avremmo una linea di “arresto” a cavallo del fiume Pivdennyi Buh (linea blu nella grafica sotto).

Nella seconda ipotesi, avremmo una linea di “arresto” a cavallo del fiume Dnipro (linea rossa nella grafica sotto).

Nel caso in cui le truppe alleate creassero un argine a livello della linea rossa, l’Ucraina potrebbe salvare la capitale Kiev e la grande città portuale di Odessa, mantenendo un territorio abbastanza grande da permetterle di sopravvivere come nazione sovrana.

Nel caso in cui le truppe alleate creassero una argine a livello della linea blu, l’Ucraina cesserebbe, di fatto, di esistere come nazione sovrana e verrebbe creata una fascia di sicurezza che impedirebbe ai russi di minacciare le nazioni confinanti.

Un’esigenza, quella di non avere i russi sulla porta di casa, condivisa da tutte le nazioni interessate, compresa la neutrale Moldavia e la filorussa Ungheria.

Proprio il presidente ungherese Orban, così amico di Putin, ha detto chiaramente che non vuole i russi come vicini di casa:

Ecco allora come potrebbe profilarsi uno scenario interventista: i russi sfondano le linee ucraine e avanzano in modo ormai inarrestabile verso nord e verso ovest.

Il governo ucraino chiede alla Nato e/o all’Europa e/o ai paesi amici e/o ai paesi confinanti di occupare il proprio territorio per preservare un minimo di identità ucraina, per garantire l’allocamento dei profughi e per evitare minacce nei confronti delle nazioni confinanti.

La Nato o comunque una parte o tutti i paesi invitati intervengono, inviando le proprie forze combattenti a creare una “barriera”, sicuramente supportata dalle forze aeree alleate che creerebbero una no-fly-zone di copertura sulle teste dei propri soldati.

Se la forza di intervento riuscisse ad attestarsi lungo il Dnipro, la parte di Ucraina che comprende la capitale Kiev e lo sbocco sul mare con Odessa sarebbe salva.

Se non facesse in tempo a raggiungere il Dnipro, la linea di arresto, come ho detto prima, sarebbe quella sul fiume Pivdennyi Buh e consentirebbe comunque di proteggere i paesi confinanti con l’Ucraina, compresa la Moldavia, con una zona cuscinetto nella quale confluirebbero centinaia di migliaia – se non milioni – di profughi in fuga dall’avanzata russa.

Zelensky o chi per lui potrebbero creare una specie di “governo in esilio” ma di fatto l’Ucraina cesserebbe di esistere.

Nella prima ipotesi (linea di contenimento sul Dnipro) probabilmente assisteremmo a una suddivisione dell’Ucraina in due nazioni, proprio come fu per la Germania al termine della II Guerra Mondiale.

Una zona occidentale che quasi certamente entrerebbe a far parte della Nato e una zona orientale che diventerebbe uno stato satellite russo, creando una specie di riedizione del Patto di Varsavia, questa volta con Russia, Bielorussia e Ucraina Est (si chiamerà Patto di Kiev?).

Di Admin

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