Aggredito da 3 tunisini perché voleva convertirsi al cristianesimo

De Ficchy Giovanni

Dovranno presentarsi davanti al giudice per l’interrogatorio di garanzia i tre cittadini magrebini arrestati all’alba di sabato dagli agenti della Digos e accusati di aver picchiato e rapinato un connazionale che ha abbandonato l’islam per convertirsi al cristianesimo.

Uno di loro ha tentato di allontanare i sospetti e “sviare“ le indagini.

L’interrogatorio di garanzia potrebbe essere fissato già nelle prossime ore e, comunque, non oltre i cinque giorni dall’arresto.

 Il 28enne sarebbe riuscito fortunatamente a divincolarsi e a scappare, recandosi in ospedale dove gli hanno riscontrato delle ferite guaribili in 30 giorni, quindi nulla di così lieve.

Già dopo che la vittima aveva presentato la prima denuncia, c’era stato il tentativo di “sviare“ le indagini.

 Le accuse sono, infatti, tutte aggravate dalla discriminazione religiosa.

I tre, due fratelli di 40 e 42 anni e un uomo di 51, possono raccontare la loro versione dei fatti o scegliere la via del silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. 

A sporgere denuncia è stato lo stesso 28enne, che ha fatto così scattare le indagini, e i fatti risalgono alla fine dell’anno scorso.

La sera del 12 novembre, presso il quartiere di Ponte San Giovanni, tre uomini lo avrebbero avvicinato e quindi accusato di «frequentare la chiesa dei cristiani», per poi minacciarlo e percuoterlo «violentemente» con calci e pugni, strappandogli anche una catenina

“No, tu non entri. Non sei un vero musulmano, frequenti la chiesa dei cristiani”: questo si è sentito dire prima di essere picchiato.

L’uomo, che lavora come badante in una famiglia perugina, ha maturato il desiderio di convertirsi al cristianesimo e ha iniziato il percorso, che lo porterà al battesimo, nella chiesa parrocchiale di Ponte San Giovanni.

Già dopo che la vittima aveva presentato la prima denuncia, c’era stato il tentativo di “sviare“ le indagini.

In particolare uno dei due fratelli aveva raccontato ai carabinieri di un ragazzo (la vittima delle due aggressioni) che si era presentato al bar in evidente stato di ebbrezza, di avergli detto che non poteva entrare perché era in corso una festa privata e che lui (sempre la vittima) aveva iniziato a urlare.

Secondo gli investigatori, la “ricostruzione“ offerta dal 42enne finito a Capanne non è attendibile: i riscontri raccolti nel corso delle indagini (le testimonianze dirette e le riprese delle telecamere di videosorveglianza) danno concretezza al racconto dell’aggredito.

Il 17 novembre il ragazzo tunisino era stato nuovamente avvicinato da due dei tre uomini di cinque sere prima, quando si era verificata l’aggressione, intimandogli di ritirare la denuncia e di smettere di frequentare «la chiesa dei cattolici».

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