De Ficchy Giovanni

E’ proprio “alla fame” il termine più adatto per descrivere la situazione venezuelana che si protrae da un decennio, con un Pil che in pochi anni si è quasi dimezzato e con una grado di libertà economica che si piazza al 174esimo posto della classifica globale.
Corruzione, povera amministrazione delle risorse da parte dei governi socialisti e interferenze straniere, come le sanzioni provenienti dagli Stati Uniti (di stampo strategico, a causa della vicinanza venezuelana con il governo di Fidel Castro) e che hanno solamente portato a impoverire la popolazione.
Dall’ascesa del leader chavista nel 2013, il Venezuela ha attraversato una delle crisi migratorie ed economiche più profonde al mondo, provocando milioni di rifugiati e richiedenti asilo, in particolar modo negli Stati Uniti.
Lo scorso anno le persone costrette alla fuga hanno raggiunto nuovi livelli storici in tutto il mondo: è quanto riportato nel Rapporto Global Trends 2024 dell’UNHCR, agenzia dell’Onu per i rifugiati, e il Venezuela risulta tra gli Stati più critici con circa 7,7 milioni di rifugiati.
Con un’inflazione di circa 17.000%, mancanza di alimenti, medicine e l’interruzione del servizio elettrico e l’accesso all’acqua, i venezuelani stanno letteralmente scappando dal Paese.
Il Venezuela deve ancora affrontare seri ostacoli all’accesso al cibo, alla salute e all’istruzione.
Le donne, le persone nelle aree rurali e indigene sono proporzionalmente le più colpite.
Il 94,4% della popolazione non ha un reddito sufficiente per acquistare i beni e i servizi del paniere di base, il che li colloca all’interno della soglia di povertà.
Allo stesso modo, il 69,6% della popolazione vive condizioni di “povertà multidimensionale”, che è caratterizzata da gravi deprivazioni concomitanti, derivati dalla riduzione del reddito e del potere d’acquisto.
A causa di queste carenze, nel corso del 2023 almeno 9,3 milioni di persone, il 32,1% della popolazione, hanno fatto ricorso a lavori informali o precari per sopravvivere.
Allo stesso modo, circa 5 milioni di persone sono finite in lavori rischiosi per la loro integrità o per la loro vita, comprese attività illecite come lo sfruttamento delle risorse naturali o persino la tratta di esseri umani.
Una naziona ricca di materie prime, capace di affogare nel petrolio senza tuttavia realizzarne un profitto, con un’inflazione interna pari, nell’anno 2022, al 234% ed un tasso di violenza altissimo che rende Caracas la città più pericolosa del mondo.
Un paese dal quale, secondo le stime delle Nazioni Unite, ben 7,7 milioni di cittadini sono scappati.
Come afferma l’Alto rappresentante permanente per gli Stati Uniti d’America alle Nazioni Unite;
il Venezuela rischia di diventare una seconda Siria.
Il Paese è sull’orlo della crisi umanitaria.
La comunità internazionale deve dire: Rispettate i diritti umani delle persone.
In caso contrario, si può ripetere la situazione di altri Paesi come la Siria, Burundi o Corea del Nord».

Ma il Dittatore Maduro , forte del risultato proclamato dal dal Consiglio Nazionale Elettorale, organo addomesticato dalla dittatura chavista proclama ;
«Abbiamo vinto, ancora una volta.
Siamo una forza storica trasformata in vittoria popolare, vittoria popolare permanente.
Voglio bene questa rivoluzione.
Con lei sono nato e con lei morirò […]
Ah, quanto mi avete sottostimato!».
Il Venezuela è un pezzo chiave nel puzzle della geopolitica mondiale.
Pied à terre per la Russia di Putin, grande alleato di Maduro all’estero, i giacimenti di petrolio venezuelano stanno diventando quasi tutti proprietà della Cina.
Inoltre, Il 94,4% della popolazione non ha un reddito sufficiente per acquistare i beni e i servizi del paniere di base, il che li colloca all’interno della soglia di povertà.
Allo stesso modo, il 69,6% della popolazione vive condizioni di “povertà multidimensionale”, che è caratterizzata da gravi deprivazioni concomitanti, derivati dalla riduzione del reddito e del potere d’acquisto.
A causa di queste carenze, nel corso del 2023 almeno 9,3 milioni di persone, il 32,1% della popolazione, hanno fatto ricorso a lavori informali o precari per sopravvivere.
Allo stesso modo, circa 5 milioni di persone sono finite in lavori rischiosi per la loro integrità o per la loro vita, comprese attività illecite come lo sfruttamento delle risorse naturali o persino la tratta di esseri umani.
In definitiva rimangono Cina, Iran e Russia, gli unici alleati attuali del Venezuela.
Un sostegno russo potrebbe tuttavia risvegliare la storica dottrina Monroe americana e condurre così ad una reazione ben più decisa rispetto a quelle viste fin’ora.
Dittature e regimi liberticidi di tutto il mondo si sono uniti, una volta di più, per destabilizzare e crearsi nuove opportunità, staremo a vedere nelle prossime settimane le mosse di Maduro e le risposte, si sperano ferme e concrete, del mondo libero.