
Riscrivere l’urbanistica della città a partire dal modo di viverla e ripensare ai luoghi della città odierna e di domani vuol dire in primo luogo accettare che il paradigma del Funzionalismo sia definitivamente tramontato.
dotarli di una serie di soluzioni “come le energie rinnovabili, e gli strumenti per monitorare e migliorare la circolarità della città”, ma non solo.
E’ necessario uno sforzo progettuale che fonda insieme i diversi elementi e metta in discussione l’approccio precedente all’urbanistica.
Negli ultimi anni, con una accellerazione durante la pandemia si è via via sovrimpresso un modello policentrico e polimorfico, dove i “centri” sono le vite dei singoli cittadini.
Sia perché la dimensione fisica delle città storiche non è mai stata davvero compatibile con la crescita incontrollata della mobilità individuale (che costellava tante visioni razionaliste novecentesche), sia perché i “gruppi sociali” sono aumentati in misura impressionante (“giovane mamma del 2020” vs “casalinga degli anni ‘50”) e la vita dei cittadini è andata progressivamente riempiendosi di miriadi di attività da svolgere fuori casa.
Questo fenomeno non è isolato, ma si inserisce in un trend più ampio che interessa numerosi centri urbani europei.
L’analisi dei dati provenienti dal traffico dei telefoni cellulari offre uno spaccato interessante sulla composizione demografica dei visitatori del centro: emerge che la maggior parte proviene da quartieri caratterizzati da un reddito medio-basso, e si registra una marcata diminuzione della presenza di giovani professionisti.
Un dato particolarmente significativo è l’aumento dell’età media dei visitatori, passata da 40 anni nel 2018 a 44 nel 2023, indicando un progressivo invecchiamento della popolazione che frequenta il centro città.
Grandi catene come CARREFOUR, Zara, così come molti importanti istituti di credito, hanno chiuso i loro punti vendita, e filiali, lasciando vuoti importanti Spazi commerciali nel cuore della città.