È certamente curioso che un paese così abile nella produzione di armi e droni, di cui rifornisce copiosamente la Russia, lamenti di non riuscire a rinnovare centrali e reti di trasmissione dell’elettricità, ma tant’è.

All’origine della crisi in particolare la mancanza di accesso alle nuove tecnologie a causa delle sanzioni che stanno mettendo a dura prova l’economia iraniana.
Così il ‘Financial Times’ evidenziando come negli ultimi mesi “gli iraniani hanno dovuto fare i conti con dolorose carenze energetiche” e questo nonostante il Paese possieda le terze riserve mondiali di petrolio e le seconde di gas naturale.
L’inizio di blackout elettrici a rotazione in Iran questa settimana, a causa di una critica carenza di carburante, “ha messo in luce la vulnerabilità del Paese alle sanzioni statunitensi e ha sottolineato l’impatto di anni di investimenti insufficienti”
Quindi è stato applicato il blackout a rotazione in tutto il paese contro la carenza di gas naturale prima dell’inverno
L’Iran sta soffrendo una crisi di approvvigionamento energetico nonostante abbia la terza più grande riserva di petrolio al mondo e la seconda più grande riserva di gas naturale.
Anni di sottoinvestimenti nella produzione di elettricità e scarsa manutenzione delle infrastrutture esistenti hanno causato ricorrenti blackout durante l’estate, quando le temperature più elevate hanno portato a un aumento dell’uso dell’aria condizionata.
In estate si erano verificate molte interruzioni dopo che le autorità hanno deciso la messa al bando dell’utilizzo, in tre centrali elettriche, del mazut, un olio combustibile pesante altamente inquinante. Anche se qualcuno sospetta che in realtà scarseggi anche quello.
Ora, con l’arrivo del freddo, il problema torna.
Gli esperti stimano che questo inverno il paese avrà un buco di almeno 260 milioni di metri cubi di gas al giorno.
Sono in corso colloqui per importarlo dal Turkmenistan.
Secondo un parlamentare della commissione energia del parlamento, il paese avrebbe un deficit di generazione di 20 mila MW.
Ora con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca rende pressoché certo il ritorno di Washington alla strategia di “massima pressione”, già adottata nel 2015 con l’uscita americana dagli accordi sul nucleare, e che potrebbe far scomparire gli 1,5 milioni di barili di greggio al giorno che l’Iran è arrivato a trovare durante l’Amministrazione Biden.