A T E N A

Secondo i Pelasgi, Atena nacque presso il lago Tritonide, in Libia, dove fu allevata da tre Ninfe di quella regione, che vestivano pelli di capra.
Ancora fanciulla, uccise accidentalmente la sua compagna di giochi Pallade, mentre si era impegnata con lei in uno scherzoso combattimento, armata di lancia e scudo, e in segno di lutto aggiunse il nome Pallade al proprio.
Nel suo viaggio verso la Grecia, che fece passando per la via di Creta, visse dapprima nella città di Atene, presso il fiume Tritone, in Beozia.
Taluni Elleni dicono che Atena ebbe un padre di nome Pallade, un gigante alato a forma di caprone.
Un giorno Pallade tentò di violentare Atena, ma la dea strappategli le ali, che si applicò alle spalle, e la pelle con cui si fabbricò l’egida, aggiunse il nome di Pallade al proprio.
Altri sostengono che l’egida fosse stata fatta con la pelle di Medusa, che la dea scorticò dopo che Perseo l’ebbe decapitata.
Altri dicono che suo padre fosse un certo Itono, re di Itone nella Ftiotide, e che Atena uccise inavvertitamente Iodama, figlia del re, mostrandole la testa della Gorgone, mentre oltrepassava di notte il sacro recinto, pietrificandola.
Altri ancora sostengono che il padre di Atena fosse Posidone, ma che la dea lo rinnegò e chiese di essere adottata da Zeus, che ben volentieri acconsentì.
Ma i sacerdoti di Atena narrano così la storia della sua nascita:
Zeus, inseguiva voglioso la Titanessa Meti, che per sfuggirgli assunse diverse forme, ma infine fu raggiunta e fecondata.
Un oracolo della Madre Terra disse che sarebbe nata una femmina, e che, se Meti avesse concepito un secondo figlio, costui avrebbe detronizzato Zeus.
Zeus allora, dopo aver indotto Meti, con melate parole, a giacere accanto a lui, improvvisamente la inghiottì.
Di Meti non si seppe più nulla, benché Zeus sostenesse che dal fondo del suo ventre essa gli dava a volte preziosi consigli.
A tempo debito, Zeus fu colto da un insopportabile dolore al capo, mentre camminava lungo le rive del lago Tritone, e gli parve che il suo cranio dovesse esplodere.
Il dolore fu tale che lanciò un urlo talmente forte, da destare gli echi del firmamento.
Subito accorse Ermete, che capì la causa della pena di Zeus.
Egli indusse Efesto, o come sostengono alcuni Prometeo, a munirsi di ascia e di maglio, per aprire una fessura nel cranio di Zeus, ed ecco balzar fuori Atena, tutta armata, con un potente grido.
Atena inventò il flauto, la tromba, il vaso di terracotta, il rastrello, il giogo dei buoi, la briglia per i cavalli, il cocchio e la nave.
Fu inoltre la prima ad insegnare la scienza dei numeri e tutte le arti femminili, come cucinare, filare e tessere.
Benché fosse la dea della guerra, essa non gode delle sanguinose battaglie, cosa che invece accade ad Ares e a Eris, ma preferisce appianare le dispute e far rispettare la legge con mezzi pacifici.
Non porta armi con sé in tempo di pace, e qualora ne abbia bisogno le chiede in prestito a Zeus.
La sua misericordia è grande.
Se nei processi che si svolgono all’Areopago i voti dei giudici sono pari, essa di solito aggiunge il proprio per ottenere l’assoluzione dell’accusato.
Ma se si trova impegnata in guerra, non perde mai una battaglia, sia pure contro lo stesso Ares, poiché più esperta di lui nell’arte strategica.
I capitani accorti si rivolgono sempre a lei per avere consiglio.
Molti dei Titani o Giganti avrebbero volentieri sposato Atena, ma essa rifiutò tutte le loro proposte.
In un occasione, durante la guerra di Troia, non volendo chiedere armi a Zeus che si era dichiarato neutrale, pregò Efesto di fabbricare un’ armatura.
Efesto rifiutò di essere pagato, dicendo che si sarebbe assunto l’incarico per amore.
Atena non afferrò il significato di quella frase, e quando si recò nella fucina di Efesto per vederlo all’opera, il dio si girò all’improvviso e cercò di possederla.
Efesto che solitamente non si comportava in questo modo, era vittima di uno scherzo crudele.
Posidone lo aveva informato che Atena si stava recando alla fucina con la speranza di fare l’amore con lui.
Quando Atena si divincolò da lui, questi eiaculò sulla sua coscia, poco sopra al ginocchio.
La dea si ripulì dallo sperma, con una manciata di lana, che gettò via disgustata.
La lana cadde nei pressi di Atene, e casualmente fecondò la Madre Terra, che si era recata in visita ad Atene.
Ribellandosi all’idea di avere un figlio che Efesto avrebbe voluto generare in Atena, la Madre Terra rifiutò ogni responsabilità per la sua educazione.
Appena nato, se ne prese cura Atena, lo chiamò Erittonio e, per evitare che Posidone gioisse del successo della sua burla grossolana, lo celò in un cesto che affidò ad Aglauro, figlia maggiore del re di Atene Cecrope, raccomandandole di averne cura.
Cecrope, figlio della Madre Terra e, a somiglianza di Erittonio ( che taluni ritengono fosse suo padre) metà uomo e metà serpente, fu il primo re che riconobbe i diritti della paternità.
Egli sposò la figlia di Atteo, il primo re dell’Attica.
Istituì la monogamia, divise l’Attica in dodici comunità, costruì templi ad Atene e abolì certi sacrifici cruenti, sostituendoli con offerte di focacce di orzo.
La moglie di Cecrope si chiamava Agraulo e le sue tre figlie, Aglauro, Erse e Pandroso, vivevano in una casa di tre stanze sull’ Acropoli.
Una sera, mentre le fanciulle ritornavano da una festa sacra, portando il cesto di Atena a turno sul capo, incontrarono Ermete, che segretamente offrì dell’oro ad Aglauro perché gli permettesse di introdursi nella stanza di Erse, la sorella più giovane, di cui egli si era follemente innamorato.
Aglauro accettò l’oro, ma non fece nulla per meritarselo, poiché Atena l’aveva resa gelosa dei successi di Erse.
Ermete furibondo entrò deciso nella casa, trasformò Aglauro in pietra, e fece con Erse ciò che gli garbava.
Da Erse, Ermete ebbe due figli, Cefalo, il beniamino di Eos, e Cerice, il primo araldo dei Misteri Eleusini.
Un giorno, Erse fu mossa dalla curiosità di vedere cosa si celasse dentro quel cesto, e con la madre Agraulo e la sorella Pandroso, sollevò il coperchio, scorgendo un fanciullo con la coda di serpente lanciarono un urlo d’orrore e si gettarono giù dall’Acropoli.
Venuta a conoscenza dell’accaduto, Atena ne fu così addolorata che lasciò cadere l’enorme roccia destinata a fortificare ulteriormente l’Acropoli.
Quella roccia diventò il monte Licabetto.
Poiché la notizia gli giunse da un corvo, la dea mutò il colore delle penne, da bianche a nere, e proibì per sempre che i corvi si posassero sull’ Acropoli.
Erittonio, si rifugiò nell’ Egida di Atena.
Essa lo allevò con tanta cura che alcuni lo credettero veramente suo figlio.
In seguito Erittonio divenne re di Arene, dove instaurò il culto di Atena, e insegnò ai suoi concittadini l’arte di lavorare l’argento.
La sua immagine fu posta in cielo come la costellazione dell’ Auriga, poiché fu lui ad introdurre l’uso del carro trainato da quattro cavalli.
Atena, modesta quanto Artemide, è inoltre più generosa.
Quando un giorno Tiresia la sorprese intenta a fare il bagno, essa gli posò le mani sugli occhi e lo accecò, compensandolo tuttavia col dono della chiaroveggenza.
Altri dicono che fu Era ad accecare Tiresia e Zeus a dargli il dono della chiaroveggenza.
Si dice che in una sola occasione Atena diede prova di incontrollata invidia.
Aracne una principessa di Colofone in Lidia, città famosa per la sua porpora, era così esperta nell’arte della tessitura, che nemmeno Atena poteva competere con lei.
Quando le mostrarono un mantello dove Aracne aveva intessuto scene d’amore tra gli Olimpi, Atena lo scrutò attentamente, per cercare dei possibili errori, e non trovandone alcuno, lo lacerò furibonda.
Quando Aracne avvilita e atterrita si impiccò ad una trave, Atena la trasformò in un ragno,(l’insetto che più le è inviso) e tramutò la corda in una ragnatela; Aracne vi si arrampicò
salvandosi la vita.