Antiope, (da non confondere con Antiope, la guerriera, regina Amazzone), era una giovane e bellissima fanciulla, figlia del re di Tebe, Nitteo e della ninfa Metope ed era stata promessa in sposa allo zio Lico .
Essendo la fanciulla appassionata di cavalcate e di caccia, si recò un giorno sul monte Citerone, vicino la città di Tebe, monte sacro, questo, consacrato al culto delle più grandi divinità dell’Olimpo greco: Zeus, Era, Dioniso e Ares.
Mentre si dedicava alle sue più grandi passioni, fu sorpresa da un violento temporale e così si ritrovò separata dal suo seguito e costretta a rifugiarsi in una caverna; dove, abbandonatasi al sonno, non si accorse che le si avvicinò un satiro. Quella creatura soprannaturale, per metà uomo e per metà capra, che era un fiero e selvaggio abitante dei monti e delle foreste, celava, sotto quelle mentite spoglie, il sommo Zeus, re degli dèi, che non resistette dinnanzi a cotanto splendore e volle possederla, da quell’inconsapevole unione Antiope rimase incinta.

Diversi mesi dopo, non potendo occultare oltre la propria gravidanza, Antiope fuggì da Tebe per scampare alla furia cieca del padre e dello zio che non credettero neppure per un istante che ella avesse concepito con un Dio.

Lico si consolò ben presto sposando un’altra donna, ovvero Dirce, la figlia del tebano Ismeno.

Antiope invece, abbandonata a se stessa, vago’ attraverso il Citerone e i suoi dintorni finché arrivò nella città di Sicione e chiese ospitalità al re Epopeo che si innamorò immediatamente di lei ed in lui Antiope trovò un buon marito che promise di difenderla da chiunque volesse farle del male.

Il re Nitteo, che non volle mai perdonare il comportamento a suo dire scriteriato della figlia, pretese invano che le venisse restituita, ma morì di lì a poco e non potendo vendicare l’oltraggio subito, cedette il trono di Tebe al fratello Lico, facendogli promettere di incaricarsi egli di vendicarne l’onta subita.
Lico dichiarò guerra a Epopeo e lo uccise, così facendo conquistò la città di Sicione e portò via, con sé, la nipote in catene.
Antiope fu costretta a tornare da prigioniera nella sua patria Tebe e quando il momento del parto si avvicinò le venne dato il permesso di ritirarsi in una grotta, dove partorì due gemelli maschi. Immediatamente subito dopo il parto i bambini le vennero strappati per essere abbandonati, secondo il volere e gli ordini di Lico, ma la madre, straziata dal pianto, riuscì ad affidarli ad un mandriano, che in quel momento pascolava le sue bestie, prima di essere trascinata via con la forza. Zeus, che mai abbandonava i propri figli, fece zampillare improvvisamente una fonte d’acqua cristallina, nella quale il mandriano, seguendo un uso rituale, lavo’ i due neonati prima di prenderli con sé per allevarli come suoi.

I nomi che diede loro furono Anfione e Zeto.
Antiope, nel frattempo, condusse una ben misera esistenza, costretta da Lico a far da schiava alla moglie, la dispotica Dirce, la quale, in realtà, odiava la donna perché temeva che l’amore che Lico provava un tempo per lei, non si fosse mai realmente affievolto e così diede l’ordine di rinchiudere Antiope in un carcere sotterraneo, ma la gelosia rese la donna folle, così escogitò un modo perverso per liberarsi definitivamente di lei, ovvero quello di legarla ad un toro, ma prima che potesse attuare i propri piani, giunsero, in soccorso della propria madre, i figli che, da Zeus stesso, avevano scoperto le proprie origini e la vera identità della loro madre, nonché le barbarie subite, da quest’ ultima, nel corso degli anni, dunque decisero di vendicarla e dapprima uccisero Lico, poi attuarono su Dirce lo stesso piano che ella aveva escogitato per sbarazzarsi di Antiope, legandola ad un toro che la trascinò via uccidendola. A quel punto i fratelli divennero entrambi i nuovi re di Tebe, ma fu Anfione colui che governò realmente la città.

Di Admin

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