De Ficchy Giovanni

I capi di stato europei dicevano non più di un paio di mesi fà alla presentazione del rapporto Draghi sulla competitività della Unione Europea;

Come ha ragione a invocare una Unione europea più compatta e integrata, per fortuna che c’è Draghi a ricordare l’importanza di costruire grandi campioni aziendali europei capaci di reggere il confronto con quelli americani e la sfida da quelli cinesi; che ottime idee da Draghi , nel suo rapporto sul mercato unico, sull’importanza di sviluppare un mercato dei capitali che trattenga in Europa il risparmio degli europei invece che farlo andare verso i mercati americani. 

Ecco, erano , chiacchiere al vento, parole in libertà, infatti i politici non amano le fusioni transfrontaliere, perché riducono la loro influenza sulle banche, anche se aumentano la redditività per i soci e migliorano i servizi per i clienti. 

Perché quando poi si arriva a parlare di cose concrete, i governi europei fanno il contrario di quello che giustamente chiede Draghi e difendono un presunto interesse nazionale a scapito di quello europeo. 

Pochi giorni dopo la presentazione del rapporto, la banca italo-tedesca Unicredit che è guidata da Andrea Orcel ha annunciato di aver acquisito il 9 per cento nella banca tedesca Commerzbank, un primo passo per una scalata che dovrebbe portare a una fusione capace di creare uno di quei grandi gruppi europei che tutti i sostenitori del rapporto Draghi considerano necessari. 

Unicredit in questi giorni ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto, cioè una scalata da 10 miliardi di euro al Banco Bpm, la terza banca italiana, il ministro Giorgietti , a questo punto evoca il “golden power”, quell’insieme di norme che consente al governo di bloccare acquisizioni e fusioni se ci sono ragioni di sicurezza nazionale. 

 In effetti precedentemente già tre diverse gestioni in Unicredit avevano tentato l’affondo su Banco Bpm,

l’ultimo tentativo naufragato in extremis, due anni fà.

Questa mossa a sorpresa, blocca , la nascita del cantiere del terzo polo bancario, che avrebbe avuto un occhio di riguardo per quella platea di clienti che appartengono al mondo delle partite Iva e delle piccole (spesso piccolissime) imprese e che all’attuale maggioranza sono cari.

Un terzo polo che vedeva Bpm muovere sul Monte dei Paschi di Siena assieme a due grandi nomi della finanza non certo ostili al governo come Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin della famiglia Del Vecchio.

Un terzo polo che si allontava da Unicredit e da Sanpaolo, il duopolio che ha caratterizzato il mercato italiano negli ultimi anni.

Sembra il giochetto dei pesci, ne arriva uno grande che mangia il più piccolo, poi ne arriva uno più grande ancora che fà un solo boccone del secondo,che ne aveva mangiati altri più piccoli, così sta succedendo con Unicredit, che vuole mangiarsi Bpm e Mps, in un sol boccone.

L’operazione va a intrecciarsi anche con Mediobanca-Generali.

E qui potrebbe scendere in campo la Cassa Depositi e Prestiti.

Che potrebbe rilevare una quota di Trieste per stabilizzare i soci.

A  Milano c’è sconcerto per quello offerto da Unicredit, considerato troppo basso, tanto da sembrare offensivo.

Infatti è solo dello 0,5% superiore a quello della chiusura delle contrattazioni della settimana precedente.

Di Admin

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