Uno degli ultimi eroi romantici del secolo scorso, capace di imprese memorabili, Amedeo Guillet può essere paragonato ad una figura come quella di un Lawrence d’Arabia. Gentiluomo nella vita civile ma terribile in battaglia, il nostro ”comandante diavolo” diede filo da torcere all’esercito inglese durante l’ultimo conflitto mondiale con il supporto della cavalleria Etiope. Fedelissimo ai Savoia, dopo il conflitto torna in Italia e viene assoldato dai servizi segreti (SIM) contribuendo in maniera sostanziale all’equilibrio della politica mediterranea”

Amedeo Guillet proveniva da una famiglia nobile (di ascendenza piemontese e campana) con una lunga tradizione militare. Dopo aver frequentato l’Accademia Militare di Modena, si distinse per le sue doti equestri, tanto da essere selezionato per rappresentare l’Italia alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Nonostante ciò, preferì servire il suo Paese ed il Re in prima linea, partecipando alla guerra d’Etiopia e alla guerra civile spagnola, dove si coprì di gloria in battaglie come quella di Santander e Teruel . Durante la Seconda Guerra Mondiale, Guillet divenne una leggenda in Africa Orientale. Al comando del Gruppo Bande Amhara, un’unità multietnica composta da eritrei, etiopi e yemeniti, condusse geniali operazioni di guerriglia contro le forze britanniche. La sua audacia e il suo carisma gli valsero il soprannome di “Comandante Diavolo”. In una memorabile carica a Cherù, Guillet e i suoi uomini affrontarono carri armati britannici con sciabole e bombe a mano, ritardando l’avanzata nemica e permettendo a migliaia di soldati italiani di ritirarsi . Dopo la caduta di Asmara nel 1941, Guillet rifiutò di arrendersi e continuò a combattere sotto mentite spoglie, assumendo l’identità di Ahmed Abdallah Al Redai. Per mesi sabotò ferrovie, tagliò linee telefoniche e depredò depositi militari, diventando un incubo per gli inglesi, che misero una taglia sulla sua testa. La sua fuga attraverso il Mar Rosso e lo Yemen, dove divenne consigliere del sultano, è un racconto avventuroso degno di un romanzo epico. Dopo la guerra, Guillet intraprese una brillante carriera diplomatica, servendo come ambasciatore in Giordania, Marocco e India. La sua capacità di costruire ponti tra culture diverse fu evidente anche in questo ruolo. Nel 2000, ricevette la Gran Croce dell’Ordine Militare d’Italia, il massimo riconoscimento militare italiano, a testimonianza del suo straordinario servizio alla Patria .

In suo onore , riportiamo la nota di Maurizio Quattrini , Generale di Brigata paracadutista in congedo.

Il “Comandante Diavolo”, così lo chiamavano i suoi uomini, quelli del Reparto Indigeni, gli ascari eritrei, gli Amhara etiopi e gli yemeniti delle bande a cavallo che non lo hanno mai abbandonato e con lui hanno condiviso tutto. Le bande che caricarono i carri armati inglesi nelle memorabili cariche di Cheru’, le ultime brillanti e temerarie azioni di cavalleria nella storia militare italiana in Africa Orientale. Un mito e un grande esempio di fedeltà e coraggio, un eroe italiano purtroppo dimenticato. Atleta olimpico, Ufficiale di Cavalleria, patriota, ribelle, veterano di tre guerre, agente segreto e diplomatico. Un uomo che ha vissuto molte vite in una sola, sempre al massimo delle sue forze e del suo spirito e, a volte, anche oltre. L’incubo peggiore delle truppe inglesi nella sua guerra personale successiva alla deposizione delle armi nella oramai perduta Africa Orientale Italiana. Funambolo della sopravvivenza e del trasformismo negli anni in cui gli Inglesi gli danno la caccia, riesce addirittura a incassare una taglia sulla sua testa in cambio di informazioni.Ferito, sotto falso nome e camuffato abilmente nell’aspetto, sopravvive con i lavori più umili e spostandosi spesso per nascondersi alla caccia inglese, riesce infine a arrivare in Yemen dove diventerà prezioso consigliere della corte religiosa yemenita. L’Italia lo onora, ma l’Eritrea rimane nel suo cuore, il suo Paese di adozione, dove ha trovato l’amore con la sua Kadija, e che ancora oggi lo celebra come Eroe nazionale. A questo Paese Guillet dedica una bellissima frase che racchiude tutto l’amore per questa terra e il rispetto per le sue genti. La frase, incisa su una lastra di marmo bianco nel Cimitero Militare Italiano di Cheren ancora ci “parla” di quell’infinito amore che lui, italiano, ha nutrito per quel fiero popolo:” … gli eritrei furono splendidi. Tutto quello che potremo fare per l’Eritrea non sarà mai quanto l’Eritrea ha fatto per noi.”Le gesta del Generale Amedeo Guillet, ancora oggi nel mito, rimangono un indelebile esempio di valore e di virtu’ militari, una eredità morale fatta di Onore, di Coraggio, di Fedeltà e soprattutto di rispetto.”

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