L’Italia purtroppo è lo stato occidentale con il più alto tasso di donne che subisce questa pratica brutale. 

 E’ un dramma nascosto quello delle donne immigrate vittime di questa pratica. 

Certo è che si tratta di un barbarie che, nel nostro paese, subiscono le donne immigrate di culture e religioni differenti dalle nostra, ciò non significa che dobbiamo lavarcene le mani!

L’infibulazione è un fenomeno concreto e realespaventoso e terribile, che dobbiamo prevenire e contrastare in maniera decisa.

L’infibulazione ha gravissime conseguenze sia fisiche che psicologiche, 90mila bambine sottoposte a infibulazione in Italia, dato più alto d’Europa.

La pratica è giunta in Italia nei lontani anni ‘80 e solo dal 2006 è stata istituita una legge che ne vieta la pratica ma purtroppo non è servita ad arginare il fenomeno.

Sono più di 90.000 nel nostro Paese (e milioni nel mondo) le donne che subiscono tali atroci mutilazioni e che quindi non avranno mai diritto ad una vita sessuale.

 La mutilazione è naturalmente irreversibile, mentre la capacità di consumare atti sessuali può essere ripristinata attraverso la defibulazione, una pratica che viene svolta solitamente dopo il matrimonio spesso dallo stesso sposo.

L’emorragia che ne consegue viene arrestata tamponando la ferita con garze e bendaggi o, nei casi migliori, con punti di sutura. 

 Dopo la defibulazione, i rapporti sessuali vaginali sono comunque dolorosi e difficoltosi, con le ferite che spesso sono fonte di infezione. 

In effetti spesso insorgono cistiti, uretriti, ritenzione urinaria, ematuria (sangue nelle urine), piuria (pus nelle urine), vulviti e vaginiti anche gravi. 

Tali rischi sono elevati anche nel periodo che va dall’infibulazione alla defibulazione a causa dell’eventuale accumulo di sporco e smegma favorito dalla cucitura.

In Italia la legge n. 7 del 9 gennaio 2006, vieta la mutilazione genitale femminile, punendo chi la pratica con pene fino a 12 anni di reclusione e, per il medico che ne fosse autore, con l’interdizione dalla professione.

Secondo l’Inmp, nel nostro Paese ci sarebbero ancora alcuni medici e anziane donne delle comunità migranti che, a pagamento, praticano l’infibulazione, spesso senza anestesia e con strumenti non sterili.

Per aggirare le misure previste dalla nostra normativa, le bambine vengono spesso ricondotte nel Paese d’origine per subire l’orrenda procedura,  purtroppo ci sono ancora molti medici e strutture private che praticano clandestinamente l’infibulazione. Solitamente viene praticata in centri di chirurgia estetica vaginale oppure negli studi dove si praticano piercing e tatuaggi.

Il termine “infibulazione” deriva dal latino “spilla” ad indicare l’oggetto usato per cucire la vulva.

Di Admin

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