
Riduzione allo stato laicale: l’eliminazione “fisica” dei nemici di papa Francesco
Qualche giorno fa, sul blog di Aldo Maria Valli (QUI https://www.aldomariavalli.it/amp/), è apparsa la testimonianza di un sacerdote che è stato ridotto allo stato laicale per “disobbedienza”. Il sacerdote in questione è don Alejandro Rodolfo Gwerder, della diocesi di Mercedes-Luján in Argentina.
La scure di papa Francesco continua a mietere vittime, e questo non è altro che uno degli ultimi esempi di come il pontefice, attraverso i suoi sicari, vada in giro alla ricerca di dissidenti. Purtroppo, questo caso non sarà l’ultimo.
Oggi sembra diventata una consuetudine rispondere alla dissidenza nei confronti di papa Francesco con l’eliminazione “fisica” del contestatore. In passato, chi si discostava dalla dottrina cattolica rischiava il rogo; oggi, in modo più “caritatevole” e “misericordioso”, si ricorre a una punizione apparentemente meno dolorosa e meno appariscente: la riduzione allo stato laicale. Tuttavia, la vera differenza non sta nel metodo adottato, ma nel contenuto di ciò che viene condannato. Se un tempo si puniva l’eresia e chi la diffondeva, oggi si condanna la dissidenza in quanto tale.
Non sappiamo ancora quali siano le specifiche motivazioni che hanno portato la diocesi argentina a emettere una sanzione così grave. Nel decreto si parla genericamente di delitti contro l’obbedienza, la comunione ecclesiale e gli obblighi sacerdotali. Tuttavia, una cosa è certa: nella Chiesa di oggi, comminare una pena così severa è diventato semplice quanto lasciare una multa per divieto di sosta.
La riduzione allo stato laicale era una misura estrema, adottata solo in casi eccezionali. Quasi mai Roma ricorreva a tale decisione. Per fare un esempio, monsignor Lefebvre, dopo le consacrazioni episcopali del 1988 senza mandato pontificio, venne scomunicato, ma non ridotto allo stato laicale. Anche monsignor Viganò, noto per essere uno dei più duri avversari di papa Francesco, è stato scomunicato, ma non ha subito questa pena.
Quali sarebbero dunque i reati così gravi commessi da questo sacerdote da meritare una sanzione tanto infamante?
Dal blog di Valli si evince che don Gwerder sia molto stimato e profondamente legato alla tradizione della Chiesa. Forse è proprio questo il problema? Probabilmente sì, soprattutto leggendo le sue stesse parole:
“Non voglio – non ho mai voluto – né posso insegnare esplicitamente nulla di diverso da ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Né voglio insinuare ai fedeli, neanche implicitamente, il dubbio che ciò che oggi si propone come nuova corrente ecclesiale sia qualcosa di buono o di vero. Non lo è. Personalmente ho sempre desiderato e continuo a desiderare (per grazia di Dio) di non smettere di pensare, pregare e agire nella Chiesa e secondo la Chiesa, né voglio allontanarmi, nella dottrina e nella pratica, dalla Fede custodita e trasmessa dalla Chiesa. Sono pienamente certo che solo la verità assicura l’unione con il Capo invisibile della Chiesa, che è Cristo.”
Sembra un film già visto: se difendi la Tradizione della Chiesa, celebri la Messa Tridentina o critichi l’eccessivo progressismo di papa Francesco, fai una brutta fine.
L’elenco delle personalità epurate dal “misericordismo” di papa Francesco continua ad allungarsi. Tra i casi più recenti c’è quello di monsignor Strickland, rimosso dalla diocesi di Tyler dopo aver più volte contestato l’operato del pontefice e aver difeso la Messa Tridentina.
I dettagli del caso di don Gwerder non sono ancora noti, ma ciò non impedisce di fare alcune considerazioni. Chi solleva un problema diventa esso stesso un problema, indipendentemente dalla validità della questione posta.
Chi, come nel caso dei “dubia” cardinalizi, chiede chiarimenti a Roma, non ottiene risposte o, peggio, riceve sanzioni. Per Roma, porre domande equivale a sovvertire l’ordine, quell’ordine che impone un’obbedienza cieca. O, come direbbe San Tommaso d’Aquino, un’obbedienza disordinata, che segue anche ciò che è illecito solo perché imposto da un superiore【1】.
Fermo restando che le motivazioni potrebbero anche giustificare una restrizione canonica, ritengo del tutto sproporzionato e pericoloso il ricorso alla riduzione allo stato laicale.
Chi non si indignerebbe se un automobilista venisse condannato all’ergastolo per aver parcheggiato in doppia fila? È evidente che la pena non è proporzionata al reato.
Ritengo pericoloso questo atteggiamento perché insinua l’idea che basti la firma di un documento per annullare gli effetti del sacramento dell’Ordine. Questa visione è estremamente umana e poco divina. Per il papa e i suoi collaboratori, il sacerdozio sembra ridursi a un incarico governativo: se non piace il tuo operato, ti si revoca l’incarico.
Il punto cruciale, a mio parere, è che il papa e l’ex Sant’Uffizio temono che questi sacerdoti si organizzino e continuino il loro ministero invocando lo stato di necessità, come fa la Fraternità San Pio X. Roma ha paura che emergano le sue contraddizioni e che si metta in discussione la sua autorevolezza.
Non potendo ricorrere al rogo, ormai fuori moda, o alla ghigliottina, si ricorre alla riduzione allo stato laicale: una pena meno sanguinolenta, ma altrettanto efficace, anche per le sue conseguenze civili【2】.
Sembra di assistere alla morte del leone ferito, che continua a ruggire per dimostrare la sua forza.
Mi dispiace molto per la sorte di questo sacerdote, ma è ormai evidente che al governo della Chiesa non c’è un pastore secondo il Cuore di Cristo, bensì un tiranno che disperde il gregge e raduna intorno a sé iene assetate di potere ed egocentrismo. Questi individui, pronti a sacrificarsi per il “capo”, mettono da parte la verità evangelica per perseguire i loro interessi umani, ignorando quelli di Dio.
Vorrei tanto che, alla fine di questa fiction a puntate, apparisse la scritta “The End”, ma purtroppo, ne sono certo, dobbiamo prepararci a leggere ancora una volta “To Be Continued…”.
don Bastiano Del Grillo
(il blog di Don Bastiano https://ilcovodidonbastiano.blogspot.com/)
Note:
【1】 Cfr. Summa Theologiae IIª-IIae, q. 104, a. 5, ad 3.
【2】 Secondo lo Stato italiano, in virtù dei Patti Lateranensi e del Concordato, un sacerdote ridotto allo stato laicale, se esercita il ministero sacerdotale senza autorizzazione, è perseguibile dalla legge civile.