Il 17 febbraio 1600, in Campo de’ Fiori a Roma, Giordano Bruno veniva arso vivo. Filosofo, pensatore e martire del libero pensiero, lasciava all’umanità parole che riecheggiano ancora oggi con sorprendente attualità:
“L’uomo non è cattivo, è soltanto infelice. È la sua piccola mente la causa dell’infelicità.”
Un messaggio universale che travalica il tempo, rivelando una visione profondamente psicologica della condizione umana. Giordano Bruno aveva intuito, con secoli di anticipo, un principio che oggi la scienza della psiche conferma: le catene più pesanti che gravano sull’uomo non sono esterne, ma interne. Sono i limiti autoimposti, le paure, le illusioni e le credenze errate che la mente costruisce.
Bruno proseguiva con una riflessione quasi profetica:
“Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo.”
Un risveglio dall’oblio che trova una straordinaria continuità, nei tempi moderni, nell’opera di Stefano Benemeglio, filosofo, psicologo e pioniere della comunicazione non verbale e delle dinamiche emotive. Benemeglio ha dedicato la sua vita a dimostrare che l’uomo può liberarsi dai condizionamenti della mente razionale, entrando in contatto con la propria parte emotiva profonda.
La mente razionale, come insegna Benemeglio, spesso agisce da tiranno: calcola, giudica, reprime. Essa genera conflitti interiori, alimenta insicurezze e sofferenze. Ma al di sotto di questo strato rigido e coercitivo, esiste una dimensione più autentica, emotiva, capace di guidare l’uomo verso l’armonia e la realizzazione.
Attraverso le sue tecniche innovative, Benemeglio ha insegnato a riconoscere e sciogliere quei blocchi emotivi che, come invisibili catene, ci legano a comportamenti ripetitivi e dolorosi. Ha aperto la strada a un cammino di liberazione individuale, in cui l’uomo non fugge dalle proprie emozioni, ma le accoglie e le integra come una forza motrice per vivere pienamente.
Così, il pensiero di Giordano Bruno e l’opera di Stefano Benemeglio si incontrano in un ponte ideale lungo più di quattro secoli. Entrambi ci esortano a riprendere in mano le redini della nostra esistenza, non lasciandole alla mente fallace, ma riconnettendoci con la nostra autenticità interiore.
Il rogo di Bruno ci ricorda il prezzo che il libero pensiero ha sempre pagato. L’opera di Benemeglio, invece, ci invita a trasformare quella fiamma in una luce interiore, capace di illuminare il percorso verso la nostra vera libertà.
Perché, oggi come allora, l’uomo non è cattivo. È solo infelice. Ma può scegliere di non esserlo più.
