
Si mostrano, non si vergognano, si espongono, vogliono essere osservati, ripresi, imitati.
È così che nasce ,una subcultura, un modo di esprimersi collettivo che nell’unione trova la sua forza.
Maranza è un termine gergale che per lungo tempo è stato desueto, ma adesso è tornato di moda.
Sul sito dell’Accademia della Crusca, cercando la parola “maranza”, viene citata una strofa di una canzone di Jovanotti che racconta il contesto in cui si muovevano: «Mi chiamo Jovanotti e sono in questo ambiente di matti di maranza e di malati di mente fissati con le moto e coi vestiti americani facciamo tutto ora o al massimo domani» (tratta dal brano “Il capo della banda”, dell’album “La mia moto”, 1988).
Il termine maranza ritrova la sua radice nella parola “zanza”, traducibile in imbroglione, truffatore, furfante.
Arriva dal gergale milanese o “del parlar furbesco” della Milano di Scerbanenco. “Attento che l’è un Zanza” significava di prestare attenzione a quel tipo in quanto truffatore.
La prima parte sta ad indicare la loro presunta etnia: secondo lo stereotipo degli anni Ottanta e Novanta le persone maghrebine erano considerate di origine marocchina.
La seconda invece si riferisce all’atteggiamento tipico dello zanza.
La parola maranza è nata recentemente per definire le babygang di origine nord africana che si ritrovano soprattutto nelle zone della movida milanese per compiere atti violenti, molesti o vandalici.
Le subculture hanno infatti plasmato sempre la cultura mainstream con dei precisi codici estetici che definiscono un preciso linguaggio.
E’ già avvenuto a Milano in passato con gli swing boy, gli hippie, i punk e con le flapper .
Non è infatti un fenomeno recente ma risale agli anni 80, nato proprio a Milano, città che ha dato i natali anche ai paninari.
Nato ai margini si sta ora affermando come protagonista sulla scena milanese e dei media nazionali.
Il fenomeno si sviluppa in un rapporto di appartenenza al gruppo che inevitabilmente ne identifica comportamenti, gusti e scelte estetiche.
La si distingue subito a colpo d’occhio si intuisce chi è un “maranza” per quello che indossa e per l’atteggiamento che assume.
Il classico maranza a livello estetico si presenta come un “tamarro”.
Quindi in tuta, aceta o tech, o con le divise sportive delle squadre di calcio (ad esempio Real Madrid o Paris Saint Germain), borsello di marca (spesso contraffatto) e non di rado utilizzano passamontagna o altro per coprirsi il volto prima di compiere violenze o atti vandalici.
Innanzitutto si instaura un contatto con la vittima dalla quale, quasi sempre per futili motivi, ne scaturisce una lite.
Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza su un campione di 7.000 adolescenti sul territorio nazionale, il 6,5 per cento degli adolescenti fa parte di una gang, che intenzionalmente sferra attacchi nei confronti dei loro coetanei o danneggiano strutture pubbliche o private, come la scuola, compiendo furti o veri e propri atti di vandalismo.
Evidentemente per alcuni di questi ragazzi l’unica forma di riscatto sociale visibile è nella violenza e nella sopraffazione del prossimo.

Il 16 per cento ha commesso atti vandalici e 3 ragazzi su 10 hanno partecipato a risse.
Ovviamente generalizzare è sbagliato; sarebbe ipocrita infatti dire che all’interno del movimento non ci siano delle personalità con uno spiccato profilo direzionato verso la criminalità.
Il primo punto deve far riflettere sulla carenza di modelli di vita e di opportunità che la nostra società offre ai giovani.
La subcultura milanese si è espansa anche all’estero e, in modo particolare, in Inghilterra proprio tra i fan del Manchester United: troviamo piccole variazioni sul tema come le Nike Jordan 4 con la tuta Fullypaid e qualche capo del brand locale Trapstar.
Sicuramente il punto d’incontro tra Milano, la Francia e l’Inghilterra è la drill, costola della trap esplosa in modo globale a Londra, anche se nata in Nord America, precisamente a Chicago.
Il tratto caratterizzate del genere è un imprinting sonoro molto violento, composto da batterie roland Tr-808, del basso 808 e di strumenti virtuali come Nexus e Omnisphere.