De Ficchy Giovanni

Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, me lo aspettavo, la Nostra Premier, finalmente oggi ha preso il coraggio a due mani ed ha detto, una volta per tutte quello che pensa della Nostra Unione Europea, un’intervento-verità, il suo .

«La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria», ha continuato a leggere Meloni, costretta a rivolgersi ai banchi dell’opposizione con un ripetuto «fermi, fermi»

Dopo aver letto appunto alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, sventolato dalla sinistra come testo “sacro” dell’Europa , la presidente del Consiglio si è espressa duramente. ed ha concluso il suo intervento con questa secca affermazione: «Non so se questa sia la vostra idea di Europa…….Certamente non è la mia»

Al Pd è venuto un attacco isterico…., e il presidente Fontana ha dovuto sospendere per ben due volte la seduta.

E’ una scommessa per il futuro la “sua Europa”… ed in quanto tale va ripensata nelle sue declinazioni più immediate. 

Avrebbe potuto e dovuto essere un’aspettativa reale, la “sua Europa”, infatti è quella che si muove, a partire dai territori, per “rappresentare” e tutelare, il mondo del lavoro e della produzione, i processi di modernizzazione (dalla formazione agli investimenti, dalle infrastrutture alla difesa delle imprese “strategiche”)

A partire anche da quelle che vengono indicate, nel programma del centrodestra, come “mutate condizioni, necessità e priorità”.

Il terreno è quello strettamente economico, delle risorse e degli investimenti.

Un’Europa, cosciente del proprio ruolo, avrebbe potuto essere diversa, se avesse pensato meno o non solo a farsi strumento burocratico, orizzonte codificato entro cui fare morire d’inedia i suoi cittadini.

Avrebbe potuto e dovuto avere un ruolo geopolitico e mediterraneo. 

Europa d’incunaboli e di immaginazioni futuriste, nel lungo rosario di genialità artistiche, scientifiche, drammaturgiche. Europa del lavoro e del diritto, capace di farsi esempio di civiltà, pur nella complessità delle singole storie nazionali.

In realtà Europa e destra politica nel nostro Paese sono sempre andate a braccetto (a differenza del Pci, del quale il Partito Democratico è l’erede, che nel 1957 fu l’unico partito italiano a votare contro la ratifica dei trattati che istituivano la CEE e l’Euratom). 

L’unità territoriale e spirituale del Vecchio Continente era un’aspettativa di civiltà, rispetto ai due blocchi politico-ideologici allora dominanti e al Muro, inventato dai comunisti dell’Est ed avvallato da quelli dell’Ovest, che, ignobile, la segnava, ferita di cemento che dalla Porta di Brandeburgo isolava, per centinaia di chilometri, uomini e coscienze.

Europa olimpica e dorica, protesa, da Capo Sounion, per farsi abbracciare dal Mediterraneo, Madre antica che non teme le notti glaciali certa, nell’attesa, che la luce tornerà ad irradiarla. 

Tutto questo partendo anche  dal “marchio Italia”, dalla specificità delle nostre produzioni, che – non a caso – si intrecciano con le storie, la qualità, la memoria del nostro essere italiani nel tempo europeo. 

 Si tratta di un orizzonte più immediato rispetto ai richiami metapolitici del passato, ma proprio per questo delineano modalità d’intervento che possono essere ben declinate con ambizioni e progetti di più ampia prospettiva continentale.

Naturalmente a patto di non essere mossi da interessi preconcetti ,vedere rischi per i processi d’integrazione europea, che di un nuovo slancio, di nuove visioni hanno piuttosto bisogno, pena una preoccupante perdita di credibilità e di funzioni.

Di Admin

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