Sebbene Lev Trotskij sia scomparso ormai da tempo, il suo concetto di “rivoluzione permanente” continua a esercitare un’influenza nefasta nella società moderna. Il suo ideale di una rivoluzione incessante, che non si ferma con la conquista del potere ma prosegue verso un’utopica emancipazione totale, si riflette oggi in modalità che possono sembrare più distruttive che liberatorie nella nostra società distopica del XXI secolo.
In un mondo che si trasforma a un ritmo frenetico sotto l’avanzata inesorabile della tecnologia e della digitalizzazione, la visione rivoluzionaria di Trotskij sembra aver trovato una nuova, inquietante incarnazione. La società contemporanea è sempre più dominata da una mentalità che riprende le categorie mentali tipiche dell’ambito militare: efficacia, efficienza, tattica, strategia. Questa prospettiva “bellica” ha invaso la sfera civile, generando una condizione di perenne inquietudine e alienazione, sia a livello individuale che collettivo.
Trotskij immaginava una rivoluzione permanente per la liberazione dell’umanità, ma oggi sembra che l’umanità stessa sia intrappolata in una “rivoluzione cybernetica” senza fine. Questa rivoluzione è guidata da una mentalità che ha perso di vista la vita pacificata e civile, per abbracciare un atteggiamento rivoluzionario e militante che permea ogni aspetto della nostra esistenza.
In questo clima, il pensiero di Trotskij ci costringe a porci interrogativi allarmanti: fino a che punto possiamo trasformare la società e l’individuo prima di perdere l’essenza stessa dell’umanità? Quale prezzo stiamo pagando nel perseguire una rivoluzione permanente, spinti da una visione utilitaristica e tecnocratica che riduce l’esistenza umana a mere statistiche e algoritmi?
Queste domande, che Trotskij aveva già sollevato nel suo tempo, riecheggiano con una forza inquietante nella nostra epoca. Esse ci avvertono dei pericoli di un progresso che rischia di sacrificare la dimensione umana, pacificata e civile, sull’altare di un’incessante corsa verso l’innovazione. Un’innovazione che, anziché liberare, rischia di asservire ulteriormente l’umanità, creando nuove disuguaglianze e tensioni sociali.
L’eredità di Trotskij, nella sua forma moderna, sembra essere quella di un monito oscuro. Un avvertimento che il cammino attuale non conduce a una vera emancipazione, ma a una nuova forma di schiavitù, in cui l’essere umano è ridotto a un ingranaggio in un meccanismo di rivoluzione senza fine. Una rivoluzione che, lontana dall’essere un sogno di libertà, si è trasformata in un incubo di oppressione e disumanizzazione.