
È intellettualmente disonesto attribuire l’inversione economica all’arrivo di Trump, soprattutto considerando che prima si liquidavano le critiche alle politiche di Biden come “vibrazioni negative”.
Ora, invece, si parla di “caos economico”.
Ricorda lo stesso partito che descriveva Biden come un supereroe.
Il cambiamento economico è in corso da tempo, confermato dalla Federal Reserve di Atlanta e dal segretario al Tesoro Bessent, che ha annunciato un periodo di “disintossicazione” economica.
.Questa “disintossicazione” si preannuncia complessa e dalle conseguenze ancora incerte.
Si parla di un rallentamento controllato, una sorta di “atterraggio morbido” che eviterebbe una recessione conclamata.
Ma la traiettoria è tutt’altro che definita.
L’inflazione, sebbene in calo, resta una spina nel fianco, e la politica restrittiva della FED, pur necessaria per contenerla, rischia di soffocare la crescita.
Il nodo cruciale è capire quanto questo rallentamento sarà effettivamente “morbido”.
La disoccupazione, attualmente bassa, potrebbe subire un’impennata.
I tassi di interesse elevati potrebbero pesare su famiglie e imprese, frenando gli investimenti e i consumi.
Settori come l’immobiliare e la tecnologia, particolarmente sensibili ai tassi, sono già sotto pressione.
L’amministrazione Biden, dal canto suo, cercava di mitigare gli effetti negativi attraverso politiche di sostegno all’industria e agli investimenti in infrastrutture.
Ma la sfida è ardua.
Donald Trump non è solo un politico o un imprenditore, ma un fenomeno che ha ridefinito le regole del successo personale.
E’ noto per la sua determinazione e il suo approccio diretto al business e alla vita.
Ottimismo incessante – Derivato dagli insegnamenti di Norman Vincent Peale
Trump sa che la politica dei dazi nel breve periodo rischia di produrre più inflazione – il cigno nero di Biden – e per questo fa avanti e indietro con le tariffe, creando confusione tra gli investitori, ma in questo momento per lui i dazi sono un’arma negoziale e il suo «stop and go» è solo all’inizio.

L’obiettivo di Trump è demolire la «Bidenomics», il meccanismo di spesa che ha sì alimentato la crescita, ma facendo volare il debito, i prezzi e le diseguaglianze.
La Casa Bianca sul piano esterno usai dazi, su quello interno i forti tagli al bilancio federale.
La “disintossicazione” richiederà pazienza, nervi saldi e una gestione oculata delle politiche economiche.
Il rischio è che si trasformi in una cura più dolorosa del male che si prefigge di risolvere.
Resta da vedere se la cura sarà peggiore del male.
Se l’intervento deciso a tavolino, con la fredda precisione di un chirurgo che viviseziona un cadavere, non finirà per strappare via, insieme al tumore, anche un pezzo vitale dell’organismo.
Il rischio è palpabile, l’aria vibra di un’inquietudine sorda.
Si parla di soluzioni radicali, di tagli netti, di ricostruzioni massicce.
Ma chi garantirà che il paziente, una volta riaperti gli occhi, si riconoscerà nello specchio?
Chi assicurerà che quella nuova immagine, plasmata con la forza bruta della necessità, non sarà una maschera grottesca, una parodia sbiadita dell’originale?
E poi, c’è la questione del dolore.
Il dolore della ferita aperta, del tessuto lacerato, del sangue che cola.
Un dolore inevitabile, certo, ma forse troppo intenso, forse insopportabile per un corpo già provato, già segnato dalla malattia.
Forse, alla fine, sarà meglio convivere con il male, imparare a gestirlo, a contenerlo, piuttosto che affidarsi a un rimedio che promette la guarigione, ma che potrebbe rivelarsi fatale.
La speranza è l’ultima a morire, si dice.
Ma a volte, anche la speranza ha un sapore amaro, il sapore di una scommessa azzardata, di un salto nel buio senza paracadute.
In fondo, il vero nemico di Trump è il costo della vita quotidiana, che influenza le scelte presidenziali, come il prezzo degli alimentari.
E non si tratta solo della benzina alla pompa, che certo fa male, ma del carrello della spesa che ogni settimana sembra più leggero e costa di più.
E poi le bollette, un salasso continuo che ti costringe a scegliere tra riscaldare la casa e mangiare decentemente.
E i vestiti per i bambini che crescono a vista d’occhio, e le scarpe, e i libri di scuola che sembrano fatti d’oro. Ogni cosa costa, ogni cosa pesa sul bilancio familiare, un bilancio sempre più precario.
Ti chiedi dove andremo a finire, come faremo a sbarcare il lunario con questi stipendi che non aumentano, con questo carovita che invece non smette di galoppare.
E ti viene una rabbia, una frustrazione che ti rode dentro, perché sai che non sei solo, che siamo in tanti a tirare la cinghia, a contare ogni centesimo, a rinunciare a tutto pur di arrivare a fine mese.
E ti chiedi se qualcuno, lassù, si rende conto di questa realtà, se qualcuno si preoccupa veramente di noi, della gente comune che fatica ad arrivare a fine giornata.
La gente non dimentica facilmente chi era al timone quando la busta paga si assottiglia e il conto in banca non cresce.
E per quanto Trump possa gridare ai brogli elettorali o vantarsi di miracolose riprese economiche, la realtà è che le famiglie fanno i conti con cifre concrete, non con slogan.
Il vero banco di prova per lui, e per chiunque guidi la Casa Bianca, è dimostrare di avere un piano per alleggerire questo peso, per far sentire la gente di nuovo sicura del proprio futuro economico.
Altrimenti, anche i più fedeli potrebbero rivelarsi… “troppo costosi”.