La condizione postmoderna della letteratura rumena.
Un saggio di Maria Mihaela Tănase, insegnante di lingua e letteratura rumena presso la King George International High School di Bucarest, Romania.

Maria Mihaela Tănase è un’insegnante di lingua e letteratura rumena, dedita a coltivare la passione per la lettura, il pensiero critico e l’espressione artistica tra i suoi studenti. Con una solida esperienza in ambito educativo, è riconosciuta per il suo approccio didattico moderno, che combina il rispetto per i valori classici della letteratura con metodi interattivi adattati alle generazioni attuali.
Si occupa della formazione dei personaggi attraverso le parole e della scoperta del potenziale creativo di ogni studente. Attraverso il suo lavoro, Maria Mihaela promuove non solo la conoscenza letteraria, ma anche lo sviluppo dell’empatia, dello spirito analitico e della comunicazione autentica.

Il panorama culturale rumeno è generalmente caratterizzato da una forte vocazione per il tema dello Spirito e dell’abnegazione, come si può riscontrare in particolare nelle opere di Nicolae Filimon, Mihail Sadoveanu o Liviu Rebreanu. Naturalmente, dovremmo anche tenere conto della dimensione metafisica della poesia di Mihai Eminescu, per la quale la trascendenza, l’umiltà come stile di vita del genio nascosto e il mistero della natura rappresentano le principali valenze dell’anima rumena, così splendidamente riprese in seguito da Lucian Blaga nell'”ossessione” fenomenologica da lui coltivata per il primato della conoscenza luciferica su quella paradisiaca. Tuttavia, con tutti questi ritratti di una cultura rumena schiava delle passioni dell’anonimato, il critico letterario Eugen Lovinescu mette in luce un’idea modernista quantomeno rivoluzionaria, secondo la quale la cultura rumena, non essendo in grado di confrontarsi con molte culture occidentali, ha bisogno di ispirarsi alla stagnazione dell’autenticità europea per coltivare le proprie fondamenta, cosa che è avvenuta perfettamente nel tempo. La sfida di Lovinescu, pur essendo di per sé modernista-classica, ha rappresentato il punto di partenza del postmodernismo nella letteratura rumena, ma d’altra parte dovremmo riflettere sul dadaismo di Tristan Tzara, che ha preso piede in Svizzera, o sulla poesia senza rima rivelata da Nichita Stanescu, che il poeta serbo Adam Pusloić ha caratterizzato nei seguenti termini: “Riflessioni nichiliste con un tocco di esistenzialismo cristiano che ti trasportano nel mondo delle delizie metafisiche, ma anche in un Universo in cui il Dubbio è assoluta certezza”.
Naturalmente, il postmodernismo letterario rumeno ha molte altre coordinate di principio e non rappresenta necessariamente la tendenza di James Joyce a rendere presentabile l’impresentabile, ma piuttosto un’integrazione dell’estetica sul piano sociale e morale, una irrigidimento del verso come dimostrato da Alexandru Macedonski o un superamento della perfidia nella manifestazione della fede, così ben delineato anche dai romanzi di Andrei Codrescu. Tuttavia, non si può necessariamente parlare di un postmodernismo letterario rumeno senza tenere conto dell’avventura delle idee e del gioco del dialogo con se stessi che troviamo nella prosa di Mircea Caratarescu, alimentata dalla libertà interiore plasmata sul passaporto delle proprie idee.
In un certo senso, si potrebbe dire che il postmodernismo di Mircea Caratarescu sia una piccola imitazione del caos lirico espresso in modo particolare da Jorge Luis Borges, e il suo romanzo “Theodorus” potrebbe offrirci una comprensione ancora migliore di tale realtà.
Il fatto è che la letteratura rumena rappresenta ancora una fonte di idee, persino in una geografia culturale favorita dal clima del marketing, e la sua dimensione postmoderna non è altro che un orientamento verso il decostruttivismo occidentale, la trasformazione dell’ironia in una condizione culturale dinamizzante e la banalizzazione giocosa dei fenomeni sociali contemporanei.

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