
In Francia c’è un proverbio che più o meno recita così: ogni giorno porta la sua pena.
Così da un certo periodo di tempo, ogni giorno ci si risveglia ritrovandosi in un mondo messo peggio di quanto non lo fosse il giorno prima.
L’attacco degli Stati Uniti all’Iran è un attacco alla Cina e al suo megaprogetto, commerciale, tecnologico, industriale e culturale, che coinvolge l’Iran e l’intero Medio Oriente.
L’operazione, che segna un significativo inasprimento delle tensioni regionali, ha portato alla distruzione di centri chiave del programma nucleare iraniano .
L’attacco statunitense è stato eseguito con precisione militare utilizzando bombardieri strategici B-2 Spirit e missili da crociera Tomahawk lanciati dalla marina.
Dopo l’attacco di ieri, il Parlamento di Teheran, “è arrivato alla conclusione che lo Stretto di Hormuz debba essere chiuso, ma la decisione finale in merito spetta al Consiglio supremo di sicurezza nazionale”.
Sono queste le parole del generale dei Guardiani della Rivoluzione Esmail Kowsari, che siede nella commissione Sicurezza nazionale del Majlis, riportate dall’iraniana Press Tv.
‘Corridoio marittimo’ fra Iran e Oman, collega il Golfo Persico con il Golfo dell’Oman e il Mar arabico.
La chiusura dello Stretto di Hormuz sarebbe una mossa “suicida” per l’Iran, ha dichiarato il vicepresidente statunitense Jd Vance ai microfoni di Nbc News, all’indomani dei raid americani contro i siti nucleari di Teheran.
“La loro intera economia passa attraverso lo Stretto di Hormuz. Se vogliono distruggere la loro economia e causare disordini nel mondo, credo che la decisione spetti a loro – ma perché dovrebbero farlo? Non credo che abbia alcun senso”, ha detto Vance.
Il vicepresidente Usa ha escluso qualsiasi intenzione di inviare truppe di terra in Iran, ribadendo la posizione della Casa Bianca. “Non abbiamo alcun interesse a mettere ‘boots on the ground’”, ha dichiarato ai microfoni di Nbc News, precisando che l’obiettivo dell’amministrazione non è l’occupazione militare.
Vance ha spiegato che l’intervento è stato motivato dalle conclusioni dell’intelligence statunitense: “Le valutazioni della nostra intelligence ci hanno spinto ad agire contro l’Iran”.
Tuttavia, Vance ha mantenuto uno posizione di apertura al dialogo: “Vogliamo parlare con l’Iran di una soluzione a lungo termine”.
Guardando al futuro, ha affermato: “Ora lavoreremo per smantellare in modo permanente il programma nucleare iraniano nei prossimi anni”, ma ha escluso al tempo stesso un’escalation duratura: “Non temo che questo si trasformi in un conflitto prolungato”.
Gli Stati Uniti non sono in guerra con l’Iran”, ha affermato il vicepresidente americano. “Siamo in guerra con le sue ambizioni nucleari”, ha sottolineato.
“Abbiamo considerevolmente rallentato il programma” nucleare iraniano, ha detto ancora, elogiando i risultati dei raid della scorsa notte.
“Non entrerò nel merito di informazioni riservate su ciò che abbiamo visto sul campo in Iran, ma abbiamo visto molto e sono molto fiducioso che abbiamo sostanzialmente rallentato lo sviluppo di un’arma nucleare, e questo era l’obiettivo dell’attacco”, ha detto Vance.
Lo Stretto di Hormuz è la stretta imboccatura del Golfo Persico attraverso la quale passa circa il 20% di tutto il petrolio scambiato a livello globale, e nel suo punto più Stretto è largo solo 33 chilometri.
Gli Stati Uniti hanno decine di migliaia di soldati di stanza nella regione, comprese basi permanenti in Kuwait, Bahrein, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, paesi del Golfo Persico appena oltre il Golfo Persico rispetto all’Iran e molto più vicini di Israele.
Gli Stati Uniti, con la loro Quinta Flotta di stanza nel vicino Bahrein, si sono impegnati a lungo a garantire la libertà di navigazione nello Stretto e risponderebbero con forze di gran lunga superiori, ma anche uno scontro militare relativamente breve potrebbe paralizzare il traffico marittimo e spaventare gli investitori, causando un’impennata dei prezzi.
Lì Iran potrebbe lanciare missili dalla sua lunga costa del Golfo Persico, come hanno fatto i suoi alleati, i ribelli Houthi dello Yemen, nel Mar Rosso.
Ha anche una flotta di imbarcazioni d’attacco rapido e migliaia di mine navali che potrebbero potenzialmente rendere lo Stretto impraticabile, almeno per un certo periodo.
