Il giornalismo, già provato dal passaggio dalla carta al web con l’avvento di internet, dai social network, dall’information overloading (sovraccarico di notizie) e dalla news avoidance (fuga dalle notizie), è costretto ancora una volta a reinventarsi e a stare al passo con la tecnologia.

È una tecnologia in rapida evoluzione che sta avendo un impatto sempre maggiore sulle nostre vite e viene utilizzata in una vasta gamma di applicazioni e settori.

Nel campo medico è adoperata per migliorare la diagnosi, per analizzare immagini mediche e per sviluppare modelli predittivi che coadiuvano i medici a identificare i pazienti a rischio di malattie cardiache o di cancro. 

È realistico pensare che le nuove tecnologie applicate al giornalismo potrebbero minare il comparto e far diminuire il numero dei posti di lavoro, erodendo la credibilità del settore.

Per me  i “robot-journalism” potranno sostituire “redattori umani”, ma solo nelle mansioni più ripetitive e noiose: come la scansione e la raccolta di grandi quantità di dati; nella scelta delle immagini; nella traduzione di lunghi testi; e nella pratica del fact-checking (rilevazione di notizie false).

I testi generati dalla macchina spesso presentano troppi errori e sono ricchi di pregiudizi e concetti scontati.

Fortunatamente il giornalismo sembra destinato a sopravvivere all’intelligenza artificiale, almeno per ora.

L’intelligenza artificiale generativa è potente ma ha molti limiti.

Nel giornalismo la notizia deve diventare ciò che è rilevante per costruire senso e utilità per l’audience

Con la crescente integrazione dell’intelligenza artificiale nel giornalismo, giornalisti e redattori si confrontano non solo con l’utilizzo della tecnologia, ma anche con il modo di comunicarne l’utilizzo ai lettori.

Uno studio rivela che i lettori si fidano meno delle notizie quando è coinvolta l’intelligenza artificiale, anche quando non capiscono fino a che punto.

I risultati mostrano che i lettori sono consapevoli dell’uso dell’IA nella creazione di notizie, anche se la vedono in modo negativo.

I lettori non sono stupidi, sono a loro volta utilizzatori dei sistemi di intelligenza artificiale, e chiedono di non essere ingannati o di non dovere essere costretti a indovinare se una notizia è stata verificata e rielaborata da chi scrive o se è solo il meccanico risultato di un prompt di cui, almeno al momento, non si fidano.

Infatti i lettori hanno un enorme bisogno di essere correttamente informati della funzione che l’AI svolge nella redazione dei testi.

In assenza di una tale chiarezza gli utenti sono portati ad abbandonare la lettura anche se la tecnologia ha svolto un ruolo marginale.

Tuttavia, comprendere cosa e come la tecnologia abbia contribuito alla creazione delle notizie può essere complicato, e come comunicarlo ai lettori in modo che possano comprenderlo è un problema che, secondo i ricercatori, deve essere affrontato in modo chiaro.

Nel giornalismo, storicamente connesso alla creatività e al giudizio umano, la presenza della tecnologia può generare diffidenza, ma chi scrive adesso ha un compito ulteriore rispetto a quello di informare.

I lettori sanno che possono essere usati sistemi di intelligenza artificiale e devono essere messi in condizione di comprendere esattamente cosa significhi in concreto e quale sia l’apporto umano.

Serve una proposta che porti a una nuova identità del giornalismo.

Servono nuove competenze, diversi modelli organizzativi e una rinnovata relazione con chi legge, ascolta, guarda

AI manca proprio la differenza che deriva dalla esperienza e dalla relazione diretta con fonti umane sul campo: elementi che superano le capacità di un algoritmo che combina insieme testi già presenti online.

Siamo insostituibili.

Sta a noi volerlo. 

Di Admin

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