
La vittoria di Zohran Mamdani alle primarie democratiche di New York solleva dubbi sull’efficacia di tale strumento.
Se da un lato le primarie dovrebbero garantire una maggiore partecipazione e rappresentatività all’interno del partito, dall’altro il risultato inatteso di Mamdani, un candidato con posizioni politiche considerate radicali, mette in discussione la capacità delle primarie di selezionare candidati che riflettano il consenso dell’elettorato democratico più ampio.
Alcuni osservatori suggeriscono che la bassa affluenza alle urne e la frammentazione del voto tra i candidati più moderati abbiano favorito l’ascesa di Mamdani.
Altri, invece, sottolineano come la sua vittoria sia il segnale di un cambiamento nelle priorità degli elettori democratici newyorkesi, sempre più orientati verso posizioni progressiste su temi come la giustizia sociale, l’ambiente e l’assistenza sanitaria.
Resta da vedere se la vittoria di Mamdani rappresenti un’anomalia o un trend destinato a consolidarsi nel panorama politico newyorkese e nazionale.
In ogni caso, l’episodio riapre il dibattito sull’adeguatezza delle primarie come strumento di selezione dei candidati e sulla necessità di una riflessione più approfondita sui meccanismi che regolano la partecipazione politica.

Non è la prima volta, infatti, che la base di un partito sceglie un candidato “radicale”, che rischia di spaventare il cittadino medio.
Mamdani, non è un mistero, ha infatti posizioni estreme su temi quali immigrazione e rivendicazioni LGBT, giusto per fare qualche esempio. Da evidenziare, inoltre, come sia cittadino statunitense appena dal 2018.
.Basti pensare a Trump, o, per rimanere in Italia, a Schleyn.
Figure che polarizzano, capaci di mobilitare un elettorato specifico ma che, al contempo, allontanano quella fetta di indecisi che spesso fa la differenza alle urne. La domanda è: questa strategia paga nel lungo periodo?
Oppure si tratta di una tattica miope, destinata a scontrarsi con la realtà di un paese che, per quanto scontento, rimane ancorato a un moderatismo di fondo? Solo il tempo potrà dare una risposta definitiva.
Ugandese ma di origini indiane e di religione musulmana, Mamdani difficilmente riuscirà a catalizzare su di sé il consenso di quel grande blocco moderato della Grande Mela che, pur votando democratico, non può arrivare a tanto.
O, peggio, qualora riuscisse nell’impresa potrebbe fare della città un fortino dell’estrema sinistra, marginalizzando ulteriormente i democratici a livello federale, con politiche invise alla stragrande maggioranza degli americani
Ecco dunque che Andrew Cuomo si è smarcato dal partito dell’asinello per presentarsi come indipendente, con Trump che guarda alla finestra per provare a infliggere un colpo gobbo ai rivali proprio nella loro roccaforte.
Il tycoon, infatti, potrebbe dare il suo appoggio al Sindaco uscente Eric Adams, con cui si è ormai costruita una collaborazione pragmatica persino sui temi più divisivi.
Adams, peraltro, ha trovato in Trump un prezioso alleato durante i processi giudiziari che lo hanno coinvolto.
Nel frattempo Mamdani è finito inevitabilmente nel mirino del GOP.
Andy Ogles, deputato repubblicano del Tennessee, è arrivato a chiedere la revoca della cittadinanza.

Secondo il politico dell’elefantino, infatti, Mamdani avrebbe mentito nel modulo della richiesta circa il proprio sostegno ideologico al terrorismo.
Tale ipotesi non è stata esclusa dalla Portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt.
Una mossa, questa, che ha sollevato un polverone di polemiche e acceso un dibattito già rovente sull’immigrazione e i diritti civili.
Ogles, noto per le sue posizioni conservatrici, ha motivato la sua richiesta con la necessità di proteggere i valori americani e la sicurezza nazionale, puntando il dito contro quelle che definisce “lacune nel sistema di immigrazione”.
La sua proposta, tuttavia, è stata subito bollata come incostituzionale da diversi esperti legali, che ricordano come la cittadinanza, una volta acquisita, sia un diritto difficilmente revocabile, salvo casi eccezionali e ben definiti dalla legge.
La questione, insomma, è destinata a far discutere a lungo, alimentando ulteriormente le tensioni politiche e sociali già presenti nel paese.
Trump, intanto, ha minacciato Mamdani di arresto qualora da Sindaco dovesse rifiutarsi di applicare le leggi federali in materia d’immigrazione.
“Non abbiamo bisogno di un comunista in questo Paese”, ha detto il tycoon.
La battaglia per New York è appena cominciata.