FRANCESCA ALBANESE: LA VAJASSA PROPAL
CHE I SOLITI IDIOTI SINISTRATI PROPONGONO
PER IL NOBEL PER LA PACE

Una figura istituzionale controversa, un mandato che si trasforma in megafono ideologico, una credibilità internazionale in caduta libera: il caso Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i Territori Palestinesi Occupati, è diventato ormai una questione diplomatica che nessuno può più ignorare.
Il disprezzo per le istituzioni Francesca Albanese non lo ha mai nascosto.

Nel 2014, in un post su Facebook indirizzato all’allora sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, scriveva: “Mi chiedo se, a forza di adulare CHIUNQUE, le sia rimasta qualche papilla gustativa.”🍒.”

Una frase volgare, arrogante e inaccettabile per chiunque ricopra un incarico pubblico.
E non fu un’uscita isolata: la stessa identica frase – con identico disprezzo – venne ripetuta nel 2021 su X nei confronti del leader della Lega, Matteo Salvini, confermando un uso sistematico del linguaggio offensivo anche contro figure istituzionali di primo piano.
Non è un dettaglio stilistico.
È un preciso segnale: chi non rispetta le istituzioni non può rappresentarle.
Un incarico che richiede imparzialità. O almeno dovrebbe.
Albanese viene nominata nel 2022 all’interno delle “Procedure Speciali” del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU.

Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i Territori Palestinesi Occupati, è al centro di una controversia diplomatica. Il suo mandato si è trasformato in un megafono ideologico, minando la sua credibilità internazionale.

Albanese ha dimostrato più volte disprezzo per le istituzioni, come dimostrano i suoi volgari attacchi sui social media contro figure politiche di spicco nel 2014 e 2021.

Questo linguaggio offensivo, lungi dall’essere un dettaglio stilistico, rivela una mancanza di rispetto incompatibile con un ruolo istituzionale che richiede imparzialità. Albanese è stata nominata nel 2022 all’interno delle “Procedure Speciali” del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU.

Un ruolo che non rappresenta formalmente l’ONU, ma che agisce sotto la sua egida.

Visibilità globale, riconoscimento istituzionale e accesso a tribune internazionali: tutto questo richiede standard altissimi di trasparenza, neutralità e indipendenza.
Peccato che, come mostrano fatti documentati e reazioni ufficiali, la condotta di Albanese racconti una storia molto diversa.
Dichiarazioni, eventi e contatti fuori controllo

1. Partecipa a eventi organizzati da think tank legati ad Hamas
Nel dicembre 2022 interviene a una conferenza organizzata dal CIR-Palestine, struttura nota per le sue posizioni allineate con Hamas. Al convegno erano presenti alti esponenti della Jihad Islamica e di Hamas. Lei, invece di prendere le distanze, afferma: “Un’occupazione richiede violenza”.

2. Minimizza il massacro del 7 ottobre
Quando Hamas massacra 1.200 civili israeliani, Albanese lo definisce una “risposta all’oppressione”. Nessuna condanna. Nessuna parola per le vittime. Solo retorica giustificazionista. Stati Uniti, Francia, Germania e Olanda reagiscono duramente.

3. Frequentazioni discutibili
Partecipa a eventi di ONG come Al-Haq e PRC, accusate da Israele e da osservatori indipendenti di legami con il FPLP e Hamas. Anche qui: nessuna presa di distanza. Nessuna cautela istituzionale.

4. Diritto internazionale?

Solo quando fa comodo
Albanese afferma che Israele non ha diritto alla legittima difesa nei territori. Una tesi che ignora deliberatamente la giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia, la quale riconosce a Israele il dovere di proteggere i propri cittadini da attacchi armati.

“Le parole del relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, continuano a suscitare polemiche. Affermare che Israele non abbia il diritto di difendersi nel territorio occupato è una posizione che ignora la complessa realtà geopolitica e le minacce alla sicurezza che Israele affronta quotidianamente. La giurisprudenza internazionale, pur riconoscendo i diritti dei palestinesi, non nega a Israele il diritto di proteggere i suoi cittadini da atti di terrorismo e violenza.

5. Opacità finanziaria
Secondo un report di UN Watch, Albanese non ha dichiarato i finanziamenti esterni ricevuti per un viaggio istituzionale in Oceania. Una violazione chiara del Codice di condotta ONU.

6. Post e dichiarazioni con echi antisemiti
Nel 2014 scrive su X che l’”America è schiava della lobby ebraica”. Ha paragonato la Nakba all’Olocausto e definito Israele un “progetto coloniale”. Secondo la definizione dell’IHRA, queste affermazioni rientrano pienamente nei criteri dell’antisemitismo moderno.

7. Silenzio assordante sull’antisemitismo in Europa
Dopo il 7 ottobre, con l’aumento di attacchi antiebraici in Europa e Stati Uniti, da Albanese non arriva nemmeno una condanna simbolica. Zero. Come se l’antisemitismo non fosse affar suo.

Reazioni a catena: governi e atenei chiudono la porta
USA: Il Congresso ne chiede la rimozione immediata.
Francia: definisce le sue parole sul 7 ottobre “vergognose”.
Germania e Olanda: dichiarano pubblicamente di non voler sostenere una sua riconferma.
Università europee: eventi annullati a Berlino, Monaco e Berna per rischio incitamento.
La richiesta formale degli Stati Uniti
Nel luglio 2025, Washington invia una lettera ufficiale al Segretariato ONU: Francesca Albanese va rimossa. Non solo per le sue dichiarazioni: la delegazione americana la accusa anche di essersi spacciata per avvocato internazionale senza essere iscritta ad alcun albo. A ciò si aggiungono lettere inviate a multinazionali con minacce legali per chi intrattiene rapporti economici con Israele.
L’ambasciatrice Dorothy Shea non usa mezzi termini: “La sua presenza danneggia la credibilità dell’intero sistema ONU per i diritti umani”.
Il punto politico: un simbolo del doppio standard
Il caso Albanese è più di una vicenda personale. È lo specchio deformato di un organismo internazionale sempre più piegato alla politica dei blocchi. Un sistema che si indigna solo quando il bersaglio è Israele, ma tace davanti ai crimini di regimi totalitari.
La domanda è ormai inevitabile: quanto può tollerare ancora l’ONU figure così divisive, senza compromettere definitivamente la propria legittimità?

Fonti principali:
UN Watch, maggio 2025
ICJ, Advisory Opinion 2004
CIR Palestine, conferenza 2022
IHRA, definizione antisemitismo, 2016
Washington Free Beacon, luglio 2025
Comunicati ufficiali USA, Francia, Germania, Paesi Bassi

Di Admin

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